Bologna- Trieste: la favola amara delle fondazioni liriche

Editoriale di Dora Liguori

Rif. 020
24-03-03

In merito all’argomento dell’articolo della prof. Liguori, pubblichiamo le cinque interrogazioni presentate in Parlamento dall’On. Rositani e che hanno dato vita ai due esposti-denuncia inoltrati dall’U.N.A.M.S. ai Ministri dei Beni culturali, del Tesoro e ai Prefetti delle province di Trieste e Bologna.

Invitiamo tutti i musicisti a farci conoscere il loro parere sullo spinoso argomento.

Trieste - Bologna: La favola amara delle fondazioni liriche

di Dora Liguori

C’era una volta un Paese chiamato Italia che, in un tempo ormai lontano, veniva definito il paese delle arti, in particolare di quelle musicali. Sempre in quel tempo, per le italiche sponde, era tutto un fiorire (senza contare le arti visive), di musicisti: compositori, cantanti, esecutori e perché no ascoltatori. Ma, come avviene in tutte le favole di un certo rilievo, per cause imperscrutabili, sul felice reame (o meglio repubblica essendo Vittorio Emanuele III già scappato a Brindisi) piombò una terribile maledizione che non solo perdura tutt’oggi ma... Dio solo sa quando avrà termine.

La maledizione fu potente veleno che penetrando nel terreno e tutto bruciando estirpò qualunque germoglio di musicista al punto che, essendo le italiche genti, in parte (molto in parte), ancora bramose di ascoltare musica, per soddisfare tale impellente bisogno spirituale furono costrette, ad implorare la venuta o la calata di orde di esecutori stranieri provenienti dalle più lontane plaghe ... magari del Kazakhstan o del Burundi e giù di li. Almeno così ci viene raccontata a giustificazione delle citate orde. E, ciò non basta poiché la maledizione essendo particolarmente dura ad estinguersi, esaurita “la pianta” dei musicisti, ha iniziato a contagiare e quindi distruggere, anche le professioni affini: direttori artistici, sovrintendenti e direttori d’orchestra stabili. Infatti, in Italia, scomparsi dai cartelloni dei teatri gli ultimi anemici e moribondi musicisti italiani pare che, sempre colpiti dal fatal veleno, anche i direttori artistici stiano per raggiungere, (è ovvio metaforicamente) il mondo dei più.

Non meravigli il dirompente e tragico quadro testé esposto poiché esso è l’unico che può rendere una qualche spiegazione alle iniziative di alcuni presidenti di fondazioni che, pur affranti per la dipartita degli italiani, dovendo, per antica legge teatrale, far continuare lo spettacolo hanno deciso di affidare le sorti del teatro a sovrintendenti, direttori artistici e direttori stabili stranieri, dichiarandosi, peraltro, anche grati per la generosa disponibilità data dai sopracitati signori. Poco importa se poi ci si mette anche la sorte maligna ed avviene che, sempre per effetto della descritta maledizione (o perlomeno si presuppone) in due dei maggiori teatri lirici italiani non solo si sono affidati a sovrintendenti e direttori artistici stranieri ma, nel caso del teatro di Trieste, oltre che straniero, il direttore artistico risulterebbe addirittura neppure musicista. In più felice situazione, per modo di dire, il teatro di Bologna ove il sovrintendente e il direttore artistico sono almeno italiani ma ugualmente entrambi non risponderebbero in pieno ai requisiti previsti dal D.L. n. 367. E’ inutile aggiungere che tutte cariche legittime o meno, costano al contribuente non pochi quattrini presi dal “tintinnante salvadanaio” di pascoliana memoria ovvero presi da quel budget eternamente in deficit delle fondazioni liriche. Totò direbbe: e che sarà mai! Quisquiglie, pinzillacchere, un teatro deve comunque fare la sua bella figura dimostrando di possedere tutte le sue competenti o ... incompetenti figure. E se poi capita che, ad esempio, il direttore artistico non è musicista, poco male, ci si può sempre avvalere del consulente artistico per il quale, però, si dovrà ancora attingere ad altre tintinnanti monete del solito salvadanaio.

Però, quando la sorte dice male, può avvenire che anche il consulente, magari assurto a tale incarico per motivi probabilmente estranei a quelli per così dire “fisiologici”, risulti, anch’esso, poco acculturato a stendere un cartellone di un certo rilievo. Infatti per questa incombenza non si tratta di sapere che la Traviata è di Verdi bensì di conoscere quali sono gli esecutori sul mercato che meglio s’addicono all’esecuzione dell’opera. In parole povere occorre il possesso di una reale professionalità che si può avere solo dopo una giusta preparazione musicale e una profonda conoscenza anche stilistica, filologica etc. Notoriamente, come i musicisti sanno, si può cantare o eseguire benissimo Mozart e rivelarsi un autentico “pianto” in Puccini o Brahms. Ma, per l’appunto, queste sono cose che conoscono quei musicisti che hanno alle spalle una lunga frequentazione dei teatri lirici o delle sale da concerto.

Tornando al nostro consulente artistico se anch’egli, disgraziatamente, non ha la preparazione per dare l’atteso conforto al direttore artistico allora ...allora si continua a scenderenella scala delle competenze e magari può avvenire, se va bene, che la competente ed autorevole consulenza si finisca per trovarla nel... pompiere di servizio. Non è una barzelletta poiché tanto è avvenuto in un importantissimo teatro italiano ove, ritrovandosi un neo-sovrintendente circondato da una serie di personaggi giunti in teatro per spinte, anzi spintoni politici, ed essendo costoro, purtroppo, digiuni di pratica teatrale, al pover’uomo non restò che chiedere conforto ad un anziano pompiere il quale, prestando da decenni servizio dietro le quinte del teatro, era l’unico in grado di capirne qualcosa.

Ovviamente l’opera del vigile del fuoco venne resa a titolo completamente gratuito, mentre ben altro, come prevedibile, fu il compenso erogato dal teatro per la “non consulenza” degli autorevoli incompetenti: sempre attingendo al solito salvadanaio. Ma non tutti i teatri hanno la fortuna di possedere un pompiere melomane e allora agli strapagati sovrintendenti, direttori artistici, consulenti etc. per formulare il “famigerato cartellone” non resta che affidarsi alle agenzie le quali, per motivi non proprio filantropici, preferiscono chiamare artisti stranieri: qualunque sia la loro qualità artistica.

Ciò premesso, vigili del fuoco a parte, esiste una speranza per l’Italia?

Volendo esisterebbe eccome!

Infatti per rompere il circolo vizioso non occorre spostare le montagne ma basterebbe che il Parlamento, al di fuori degli schieramenti politici e nell’interesse supremo delle arti musicali italiani nonché del buon senso, convergesse e approvasse il testo unificato sulle attività musicali in discussione alla Camera (Commissione cultura) relatore On. Rositani, all’interno del quale viene prevista che alla guida delle “Fondazioni liriche” siano posti degli “art-director” che assumano le funzioni dell’attuale sovrintendente e direttore artistico. Un simile modello è presente in quasi tutti i teatri del mondo ed è un modello utile, logico ed economico ma proprio la forza di questi tre argomenti validi fanno temere che pochi in Italia si sentiranno di condividere simile proposta. In ogni caso vorremmo ricordare ad alcuni parlamentari che i teatri non esistono per dare lavoro ai sovrintendenti etc. ma in primis ai musicisti in quanto senza l’apporto di compositori, cantanti o professori d’orchestra e del coro, i suddetti teatri non avrebbero neppure motivo di esistere.

Questa, dunque, è l’amara realtà italiana e se qualcuno intende meravigliarsi del tono “favolistico” di questo povero articolo sappia che non esistono altri tipi di scritture per rendere la perversa logica di un sistema che ha raggiunto il “massimo dell’assurdo” o del ridicolo. A meno che non si voglia ottenere una bella querela.

Non è un caso che, nel nostro “garantista” Paese quando la realtà è talmente infame anche a volerla solo descrivere, o peggio denunciare, si rischia la sopracitata querela per diffamazione.

E’ un paradosso ma, come descritto magistralmente da Collodi nel suo Pinocchio, in Italia non è colpevole chi commette un reato ma chi osa richiamare l’attenzione sul reato medesimo... il mondo è spesso alla rovescia.

P.S. Presa visione delle coraggiose interrogazioni dell’On. Rositani il sindacato non può rinunciare al suo impegno di tutela della bistrattata categoria dei musicisti e pertanto ha dato mandato all’ufficio legale dell’U.N.A.M.S. di provvedere ad inoltrare, ai Ministri competenti ed ai Prefetti delle due sedi, cui compete il controllo e la vigilanza sulle “Fondazioni liriche, denuncia e richiesta di intervento ex articolo 25 C.c. ed art. 21 del D. L.gsvo n. 367/96 e D.P.R. n. 361/2000. Ciò ai fini di ottenere, possibilmente, il ripristino della legalità.