Regolamento Didattico: "Quel che non va per le Accademie"
Comunicato stampa a cura dei Proff. Salvi, Merlino, Bussagli
|
15-02-05 |
Osservazioni sullo schema di D.P.R. per regolamento
Premesso che riteniamo che sarebbe opportuno concentrare in un unico regolamento tutta la disciplina attuativa dell' articolo 2 della legge n. 508/1999, così come suggerito nel parere del Consiglio di Stato espresso nell'adunanza del 17 maggio 2004, e che riteniamo che lo spezzettamento in più decreti regolamentari della materia complessiva indicata all’art. 2 comma 7 della legge 508, conduca a dei ritardi che invero ci sembrano a questo punto insopportabili; nonché, inoltre, che il testo redatto risulti ormai un rimpasto tra il vecchio decreto 3 novembre 1999, n. 509 e il nuovo regolamento 22 ottobre 2004, n. 270, esponiamo, comunque, una serie dettagliata di osservazioni sui primi 1l articoli che costituiscono lo stralcio dello Schema di regolamento che il Ministero vorrebbe inviare al Consiglio dei Ministri.
Rileviamo a questo punto quanto segue:
CAPO I
Art. 1 (Definizioni)
f) il corso di diploma accademico di secondo livello è indicato come diploma accademico specialistico, dicitura che era esemplata sulla Laurea Specialistica della 509, ora indicata invece come Laurea magistrale. Coerentemente, anche il diploma di secondo livello dovrebbe essere indicato come magistrale.
h) la definizione scuola ci sembra impropria, poiché non ha il valore di raggruppamento secondo attinenza, proprio invece del termine Classe. Scuola è piuttosto collegabile alla uniformità stilistica e di impostazione che collega un gruppo di discenti al loro docente. Si tratta quindi di termine più opportunamente riferibile alla cattedra e per le Accademie ormai assolutamente obsoleto.
Inoltre la definizione neutra "classe" non è esclusiva dell'Università (si vedano ad es. le Classi di concorso nella scuola secondaria).
Sul problema della terminologia la nostra opinione è supportata dalle osservazioni espresse dal CNAM (riunione del 14 aprile 2003) e da alcuni esponenti, delle competenti Commissioni parlamentari di Camera e Senato.
- Manca la definizione dei settori artistici-disciplinari. Come raggruppamenti di discipline da definire con decreto ministeriale come avviene per i settori scientifico-discip1inari delle Universitá.
- Conseguentemente manca anche la definizione di ambito disciplinare, come insieme di settori artistico-disciplinari culturalmente e professionalmente affini.
i) Poiché la definizione e la misura del credito formativo accademico sono identiche a quelle del credito formativo universitario, ci sembra una inutile complicazione prevedere due diverse denominazioni, considerata la reciprocità delle spendibilità dei percorsi formativi nei due sistemi.
CAPO II
Art. 2
Comma 2.
Vengono posti sul medesimo piano le disposizioni di legge e gli statuti delle singole Istituzioni, cosa che sembra improbabile. Il comma ben potrebbe essere scritto come quello del decreto 270/2004: Ai fini [π] le istituzioni, con le procedure previste dalla legge e dagli statuti, disciplinano gli ordinamenti didattici dei propri corsi di studio in conformità con le disposizioni della legge, del presente regolamento e dei conseguenti decreti ministeriali.
Art. 3
Comma 1.
Anziché una elencazione indistinta sembrerebbe più opportuno anche in questo caso rispettare la suddivisione dell’art. 3 del decreto 270/2004. Per cui:
1. Le Istituzioni rilasciano titoli di studio:
a) diploma accademico di primo livello, conseguito .................
b) diploma accademico di secondo livello, conseguito .....................
2. Le Istituzioni rilasciano altresì il diploma accademico di specializzazione, conseguito ...........;
il diploma accademico di formazione alla ricerca in campo ....................................;
il diploma di perfezionamento ..................................
Dal comma 3 in poi ci sembra riemergere la distinzione medievale tra “pratici” e “teorici”, nonchè una individuazione esclusivamente “tecnica” e professionale della formazione artistica che potrebbe risultare anche in contrasto, oltre che con il buon senso, con la stessa legge 508, art. 2, comma 8, lettera c).
Per cui, anche in questo caso, sembrerebbe opportuno adeguarsi alla formulazione dell’art. 3 commi 4 e 6 del decreto 270/2004. Per cui:
Il corso di diploma di I livello [π] un’adeguata padronanza di metodi, contenuti e tecniche artistiche, anche nel caso in cui sia orientato all’acquisizione di specifiche competenze professionali (al riguardo si propone la differenza di obiettivi tra un corso in Restauro e uno in Pittura).
Il corso di diploma di II livello [π] per la piena padronanza di metodi, contenuti e tecniche artistiche per l’esercizio di attività di elevata qualificazione in ambiti specifici.
Anche il comma 5, relativo al corso di specializzazione dovrebbe seguire la dicitura del comma 7, dello stesso art. 3 del decreto 270/2004. Soprattutto, sarebbero da utilizzare i criteri delle conoscenze e abilità, molto più proprie alla specificità culturale delle Istituzioni che non le “competenze professionali”.
comma 6.
Il corso di formazione alla ricerca dovrà ricalcare le normative relative al dottorato di ricerca.
Art. 4
Non sembrano essere state tenute in considerazione le indicazioni espresse ai punti 75 e 76 del parere del Consiglio di Stato.
Art. 5
Il comma 1 è stato decisamente modificato rispetto alla stesura sottoposta al C.d. S. e alle Commissioni parlamentari. I commi 1 e 2 ricalcano quanto esposto dall’On. Caldoro alle Commissioni e che non era stato considerato sufficiente a motivare queste definizioni. Poiché le “scuole” sono l’equivalente delle “classi” (come risulta dalle definizioni di cui all’art. 1) ci pare assolutamente illegittimo e limitante dell’autonomia delle istituzioni il fatto che “All’interno di ciascuna scuola [possa] essere attivato [π] non più di un corso per ciascun livello ecc.”.
Inoltre, sembra opportuno, anche nel rispetto dell’art. 33 della Costituzione, che le scuole (o classi) corrispondano al disposto dell’art. 4 comma 1 del decreto 270/2004: “I corsi di studio dello stesso livello comunque denominati dagli atenei, aventi gli stessi obiettivi formativi qualificanti e le conseguenti attività formative indispensabili [π] sono raggruppati in classi di appartenenza”.
I commi 3 e 4 dello schema sono inoltre in assoluto contrasto con quanto espresso dal Consiglio di Stato, il quale richiedeva un quadro di riferimento normativo certo sia per il diploma accademico di I livello che per quello di II.
Al contrario, il quadro di riferimento del diploma di I livello è disposto in prima applicazione, mentre per il diploma di II livello si giunge addirittura a disporne l'attivazione esclusivamente in via sperimentale. Ciò impedisce, tra l'altro, una coerente riformulazione dei corsi ordinamentali del vigente ordinamento nella nuova segmentazione dei due livelli di diploma.
La definizione “dipartimento” è assolutamente impropria in quanto macroaggregazione di cui non si capisce il senso. Il riferimento alla responsabilità della ricerca li pone inoltre in una posizione ambigua rispetto alla consuetudine per la quale i dipartimenti sono aggregazioni di discipline con analoghe finalità didattiche e culturali. Solo così possono essere sede della ricerca che la legge 508 prevede anche per le Accademie, e cui queste possono dare, soprattutto in Italia per la grande tradizione, insostituibile contributo. Queste nostre obiezioni sono coerenti con il parere del C.d.S. e anche con quanto espresso dalle OO. SS. nella già citata audizione.
Art. 6
A seguire quanto indicato dal comma 5 sembrerebbe opportuno anche il riferimento al riconoscimento dei crediti degli studenti che dalla formazione universitaria o tecnica superiore vogliano proseguire i loro studi nelle Istituzioni di cui alla legge 508.
Art. 7
Anche se non ci compete, riguardando Conservatori e Accademia nazionale di danza, non si può non rilevare l’ambiguità del comma 2, il quale, così espresso, senza riferimento al limite di età (almeno 18 anni) consentirebbe la simultanea frequenza di Conservatorio e scuola secondaria al di sotto del suddetto limite di età, venendo meno il criterio dell’Alta formazione.
Comma 7:
elude le osservazione del C.d. S., che al punto 88 del parere espresso nell’adunanza del 17 maggio 2004 precisa come la fonte primaria rimette al regolamento il compito di concretizzare i canoni stabiliti.
Art. 8
Non si vede la necessità di creare indeterminatezza con l’avverbio almeno. La misura dei crediti dovrebbe, secondo noi, essere fissata in 180 crediti per il diploma di I livello e 120 crediti per quello di II livello, senza subordinazioni, che infatti non compaiono nei regolamenti universitari.
Art. 9
Al comma 1 manca uno specifico riferimento al criterio della valorizzazione delle specificità culturali e tecniche (art. 2, comma 8, lettera a della legge 508) che deve impegnare il Ministero nell’emanazione dei successivi decreti. Questo significa, per le Accademie, il rispetto, innanzitutto, degli attuali insegnamenti fondamentali, indipendentemente dalla loro ricollocazione come discipline di base o caratterizzanti, a seconda degli specifici curricula formativi.
Comma 4:
per lo specifico della formazione delle arti visive è auspicabile un ampliamento del numero dei crediti in attività formative scelte autonomamente dallo studente.
Art. 10
Tutto l’articolo sembra essere un puzzle che non recepisce le importanti innovazioni del decreto 270/2004.
Al riguardo ci riserviamo uno studio più approfondito.
Sicuramente, comunque, le disposizioni sugli obblighi di frequenza ne determinano una misura eccessiva, né si vede la ragione di una modifica del consolidato ed efficace limite dei 2/3, da sempre in vigore.