Unione Artisti
UNAMS

Etica e Comportamento

Comunicato di Dora Liguori

Rif. 30
15-04-08


ETICA E COMPORTAMENTO

a cura di Dora Liguori

Etica, per il vocabolario:
insieme di norme comportamentali cui un professionista deve rigorosamente attenersi; e ancora:
etica o morale sul comportamento pratico dell'uomo di fronte ai due concetti del bene e del male.

Non è nelle mie intenzioni avventurarmi in disquisizioni di tipo filosofico che non mi competono e nemmeno mi appassionano, ma non posso, al punto nel quale siamo giunti, e di fronte al malcontento generale, che proporre un serio ragionamento sul problema riguardante la perversa attuazione della riforma, tentando, con ciò, di dare una risposta ai tanti interrogativi; o meglio individuare come è potuto accadere che, dopo trenta anni di lotte e dopo essere riusciti ad ottenere una buona Riforma per il settore della formazione artistica al più alto livello, si stia ritornando al punto di partenza: una secondarizzazione così come era stata preordinata nel lontano '78.

Pertanto, tenterò di operare sul problema un'analisi, persino piena di dubbi, ma che, per l'onestà mentale che ho sempre avuto verso i miei colleghi, debbo avere il coraggio di fare. Con queste premesse l'analisi mi conduce subito ad una fondamentale considerazione su tutto quanto di discutibile è avvenuto e sta avvenendo, ossia sul fatto che, a mio giudizio, tutto debba essere ricondotto ad una probabile mancanza di “etica”, la quale sta producendo (siamo ormai alle ultime battute) un processo degenerativo del settore. Infatti Accademie e Conservatori, che dovevano ottenere attraverso la riforma il giusto volano per assolvere al compito affidato loro dalla Costituzione, quello di una formazione al più alto livello, oggi, per una serie neppure di grandi ma di risibili motivi, e in massima parte, aggiungo, per una probabile mancanza di etica quasi generale, si trovano a rischiare un definitivo affondamento.

La brutta situazione creatasi potrebbe anche essere definita a “responsabilità collettiva”, ed è per questo che, forse, magari per futura memoria, sarebbe giusto ed utile procedere ad un elenco dei soggetti che hanno determinato la presente situazione; e questo elenco, di certo, peccherà per difetto. Ad esempio possiamo dire che:

  • è probabile che manchi di etica un'Università che da anni si arroga il diritto e pretende, senza aver mai frequentato “l'arte viva”, di voler dare il titolo ultimo al settore dell'Arte;
  • è altrettanto probabile che con poca etica l'Amministrazione, forse per meglio gestire il settore, abbia proceduto con il famoso sistema di romana memoria “divide et impera” ossia abbia proceduto ad una politica di separazione delle componenti presenti nelle Istituzioni (vedi leggi Presidenti o Direttori) offrendo una “caramella” oggi ed un' altra domani, e lasciando però, sempre indietro, l'asse portante del settore rappresentato dai docenti e dai non docenti; Appunto la politica pericolosa dell'uno contro l'altro;
  • e che dire dell'etica di certi sindacati che, pur di non amareggiare chi detiene il potere, non si sono opposti a tale politica, lasciandosi strappare anche ... l' ”onor del mento”?
  • Una volta esistevano i Di Vittorio (nota 1) e i Pastore (nota 1), e si diceva che il loro pensiero sarebbe stato indelebile proprio in funzione di futura bussola di corretta etica sindacale. E uno dei pensieri fondamentali dei padri fondatori del sindacato moderno era quello di un sindacalismo, ne sa qualcosa De Gasperi, che non doveva mai avere compromissioni o acquiescenze con il potere, altrimenti poveri lavoratori!

    Dove è finito, oggi, questo sacrosanto principio?

    Forse che quest'etica deve essere osservata solo dall'Unione Artisti UNAMS che, proprio per onestà di principi verso la categoria, continua a dire verità scomode che non pagano, e che l'Amministrazione non vorrebbe mai sentire?

    Infatti a difendere quella che è divenuta la categoria più debole, docenti e non docenti, c'è ancora l'UNIONE ARTISTI UNAMS che, proprio per riparare a certe “libertà giuridiche” che si prende l'Amministrazione in determinati atti, deve impiantare, nel quasi silenzio totale, numerose cause delle quali, invero, non ci sarebbe bisogno se anche gli altri sindacati (seguendo i principi dei citati Di Vittorio e Pastore) compatti, s'opponessero a “monstri” giuridici (sono considerazioni del giudice).

    E ancora:

  • a proposito di declaratorie, è stata forse osservata un'etica allorché, senza problemi, la Giunta e poi la Conferenza dei Direttori (a maggioranza) stava togliendo, con poche parole, competenze e funzioni ai colleghi (sono ancora considerazioni del giudice), precarizzandoli tutti? Un sistema che, comprensibilmente rientrava nella logica del potere ma che avrebbe visto i docenti, una volta spogliati della loro funzione o titolarità, dover chiedere al Direttore o al Consiglio Accademico di poter fare ciò che, invece, di diritto avevano fatto sino ad un attimo prima;
  • e riferendoci, poi, al probabile estensore degli atti dell'Amministrazione, a che etica risponde far rientrare “dalla finestra” le famose declaratorie che il giudice aveva annullate? Infatti, quelle declaratorie, magari camuffate, sono di nuovo vive e vegete nel DM 483, pronte a creare danni se vengono applicate con ricaduta nel cosiddetto “regolamento sul reclutamento”. Bozza di regolamento, per fortuna e a forza di proteste, bloccata dal Ministro Mussi.
  • Ma detto questo, dei detentori del potere vorremmo sapere anche da altri:

  • a quale etica si sono ispirati molti docenti allorché nel chiuso dell'urna, invece di valutare l'azione di chi li aveva realmente difesi, attraverso coraggio nelle trattative e una serie interminabile di ricorsi alla magistratura amministrativa, hanno preferito, magari per fare un favore a qualcuno, compiacere il citato potere, dando fiducia a quanti avevano voluto, sia pure in modo mascherato, le famigerate declaratorie?
  • Tornando a problemi di natura sindacale, ci interesserebbe capire, dopo che il giudice amministrativo ha dichiarato che “neppure ad un ministro è consentito andare a toccare competenze di riserva sindacale”, perché la conferenza dei Direttori spesso si ostina a divenire un “alter ego” di tipo sindacale così favorendo un progetto, sempre caro al potere, di delegittimazione del sindacato medesimo? Cosa si attendono in cambio dall'Amministrazione ?

    E cosa dire dei sindacati che... tacciono su di questa programmata delegittimazione ?

    Oggi il paradosso vuole che a ricordare e tutelare le prerogative sindacali, quelle per intenderci previste dalla Costituzione, debbano essere i giudici. Infatti tra un po' non resterà ai sindacalisti che ottenere determinate cose, non già per precisi diritti sindacali, ma: o con le sentenze, o passeggiando... affidandosi, magari, al buon cuore di chi il potere l'ha saputo gestire davvero.

    Tornando ai Direttori e ad un problema di questi giorni: per quale mandato e per conto di chi si stanno prendendo la tremenda responsabilità di formulare programmi per la formazione di base, quella che per intenderci nella legge di Riforma, grazie ai buoni “uffici” dell'allora Ministro Berlinguer, doveva permanere nei Conservatori, solo in via transitoria e in attesa di futuri licei musicali che, volutamente, non sono stati mai creati?

    Non sanno dunque i Direttori che, nel momento in cui formuleranno questi programmi i medesimi, tramite decreto, saranno istituzionalizzati? E sanno che in conseguenza di ciò, visto che nei Conservatori Italiani il segmento della formazione di base rappresenta la maggioranza di allievi, sempre in forza degli accordi di Lisbona che partiranno dal 2010, detti Conservatori, come già avvenuto in passato, saranno individuati di nuovo quali scuole secondarie? Riescono a comprendere che i programmi che stanno stilando rappresentano il fatale “cavallo di Troia” ?

    E una cosa del genere la riescono a comprendere anche tutti quei docenti che vedono il permanere dei bambini con favore? Infatti questi docenti vogliono la formazione di base per due motivi: perché ritengono d'essere gli unici depositari di una continuità didattica che non esiste, e secondo perché temono un soprannumero che nella realtà della formazione universitaria, invece, non è contemplato.

    Riescono invece a capire, sempre Direttori, e soprattutto Docenti, che senza la creazione di licei ad indirizzo musicale, stanno realmente creando le basi per quel soprannumero che tanto temono, in quanto, non esistendo serie prospettive di lavoro per i loro diplomati, chi mai affronterà ancora i faticosissimi studi musicali per ottenere zero possibilità lavorative future?

    E ancora, riesce la maggioranza dei Direttori e Docenti a comprendere che quest'ultima iniziativa, sempre dei programmi, consegnerà definitiva potestà alle Università di rilasciare il titolo finale, non essendo prevista, nel già citato trattato di Lisbona al quale tutti gli stati europei dovranno uniformarsi, una Istituzione che rilasci titoli secondari e universitari in contemporanea?

    E infine, riescono a comprendere che proprio questa abdicazione all'Università è il motivo per il quale il biennio specialistico nei Conservatori e nelle Accademie è rimasto, volutamente, a livello sperimentale?

    Infatti l'Amministrazione, per quale motivo, se non quello di lasciare spazio alle Università, non ha mai voluto ottemperare a quanto previsto dalla legge di Riforma n. 508/99, art. 2, comma 5, prevedente un DPCM, a somiglianza delle Università, per l'equipollenza dei titoli rilasciati da Accademie e Conservatori? Forse che l'Amministrazione non trovava gli occorrenti cinque minuti per stendere il DPCM, o forse comprendeva fin troppo bene che l'emanazione del DPCM avrebbe significato togliere definitivamente alle Università la prospettiva di rilasciare le suddette lauree artistiche?

    Purtroppo, e non credo di sbagliare, questi sono i motivi di un circolo perverso creatosi e che, in maniera forse semplicistica, possiamo così riassumere:

  • il Ministro di turno non voleva, per non dispiacere alle Università (buona parte dei parlamentari è costituita da professori universitari), emanare il DPCM;
  • l'Amministrazione, per non dispiacere al Ministro, non lo preparava;
  • la Conferenza dei Direttori (e questa della spendibilità dei titoli era, sì, una loro competenza) non protestava, per non dispiacere all'Amministrazione (leggi direzione generale);
  • la maggioranza dei docenti, a loro volta, per poca informazione (non certo dell'Unione Artisti UNAMS che ha investito del tema un avvocato) hanno preferito tacere, salvo eccezioni, magari per non dispiacere ai Direttori già silenti.
  • Infine è stata una gara al “silenzio” per non dispiacere chi, come si suol dire, stava sopra.

    A restare gabbati sono rimasti gli studenti, che hanno speso e studiato per ritrovarsi fra le mani una laurea... sperimentale. E gabbata anche l'Unione Artisti UNAMS che ha rivendicato, con una lotta decennale, l' applicazione di quel famoso art. 33 della Costituzione che intravedeva il livello più alto della formazione negli attuali Conservatori e Accademie.

    A tale proposito mi tornano amare le parole di un autorevole parlamentare che, durante la discussione della Riforma, un po' scherzando e un po' sul serio disse: “la Costituzione prevede l'Alta Cultura, ma il personale non è predisposto a ricevere l'Alta Cultura”. Ovvero non tutti capiranno lo sforzo e la dignità che questa Riforma rende alle Istituzioni.

    Detto questo, non so se dispongo anch'io di una “etica” ma almeno ci sto provando, e dimostrazione pratica è proprio questo articolo che, di certo, mi porrà ancora in posizione scomoda rispetto al potere, ma in posizione ineccepibile dal punto dell'onestà verso la categoria.

    Una posizione, pertanto, eticamente morale ... così come recita il dizionario sulla parola “etica”.




    (1) Giuseppe Di Vittorio e Giulio Pastore fondatori, nel dopoguerra, rispettivamente, di CGIL e CISL. (torna su)