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AFAM: al peggio non c'è mai fine a cura di Avv. Leotta |
Scritto da: Avv. Giuseppe Leotta il 07/02/2010 alle ore 11:54, nella categoria Focus afam
AFAM: AL PEGGIO NON C'E' MAI FINE
(prima puntata)
AFAM assistiamo, giorno dopo giorno, a fatti che hanno dell'inaudito. È forse quindi il caso di fare un po' di luce su quanto stia accadendo all'Accademia di Belle Arti di Bologna.
In un precedente post si è raccontata la “saga” giudiziaria che ha visto coinvolto il Prof. Massimo Lippi, scultore senese di fama mondiale, rimasto “imbrigliato” nelle maglie di un concorso bandito dall'Accademia di Belle Arti di Firenze per l'insegnamento di “plastica ornamentale”.
Grande è stata l'indignazione esternata da coloro che, su questo blog, si sono sentiti di dover commentare l'accaduto così come altrettanto importante è stata l'eco mediatica della vicenda.
Ebbene in quel caso, che come vedremo non si è affatto ancora concluso e vede l'illegalità ancora all'ordine del giorno, era sembrato che la Direzione Generale AFAM - che troppo spesso ha un modus operandi mefistofelico (per usare un eufemismo) - fosse, per così dire, rinsavita.
Ed infatti, con nota prot. 2515 del 28/04/09 a firma del Direttore Dott. Bruno Civello indirizzata all'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Firenze (che fino a quel momento aveva difeso l'Accademia dinanzi al TAR) era stato conclusivamente affermato: «tenuto conto che la vicenda è stata anche oggetto di una interrogazione parlamentare, si ritiene opportuno richiedere a codesta Avvocatura la costituzione in giudizio del Ministero. Ciò comporta l'impossibilità da parte di codesta Avvocatura di assumere contemporaneamente la difesa dell'Accademia di Belle Arti di Firenze, la quale dovrà pertanto essere autorizzata ad avvalersi di un legale del libero foro».
Tradotto per i non addetti ai lavori il Miur ha in quell'occasione deciso di “scaricare” l'Accademia di Firenze il cui operato era francamente indifendibile anche a seguito di ben due ordinanze sospensive emesse dal TAR della Toscana che avevano fortemente stigmatizzato l'operato della commissione giudicatrice presieduta dal Direttore, Prof. Giuseppe Andreani. Contestualmente ha dunque deciso di intervenire direttamente nel giudizio, confermando (in virtù di una mancata opposizione) quanto sostenuto dalla difesa del Prof. Lippi.
Scelta più che saggia, alla luce della sentenza finale poi emessa dal TAR, una vera e propria caporetto per l'Accademia di Belle Arti di Firenze.
Non tutti sanno però cosa è accaduto dall'emanazione della sentenza ad oggi. Facciamo un po' di luce.
Innanzi tutto, in data 5 gennaio 2010, in esecuzione della sentenza, il Miur ha nominato una nuova commissione presso l'Accademia di Belle Arti di Torino (formata dai Proff. Curto, Serrau e Romeo) che avrebbe dovuto riunirsi al più presto per procedere alla valutazione (per la quinta volta!) dei candidati. Contestualmente, in data 7 gennaio 2010, il Miur ha ordinato al Direttore dell'Accademia di Belle Arti di Firenze (nel frattempo cambiato) di inviare a Torino «con l'urgenza che la questione ricopre» la documentazione attinente al predetto concorso. Ad oggi, a 30 giorni di distanza, nonostante due diffide scritte da parte della difesa del Prof. Massimo Lippi, il Direttore dell'Accademia di Belle Arti di Firenze non ha ancora inviato il “fantomatico” plico all'Accademia di Torino. Ogni commento in proposito sembra superfluo....
Tuttavia un'altra circostanza curiosa è accaduta. Ricordate il Prof. Giuseppe Andreani, già direttore dell'Accademia di Belle Arti di Firenze, “scaricato” dal MIUR dopo che il TAR lo aveva rimosso dalla presidenza della commissione valutatrice del concorso Lippi? Ecco, proprio lui, è stato premiato dalla stessa Direzione Generale che prima lo aveva censurato privandolo, tra l'altro, della difesa dell'Avvocatura dello Stato. Indovinate come? È stato nominato commissario dell'organo Direttore presso l'Accademia di Belle Arti della vicina Bologna, già diretta dall'esimio Prof. Mazzali. Che dire? Commentate voi....o devo commentare io?
Avv. Giuseppe Leotta
P.S. Soltanto i lavoratori possono salvare l'Afam così come sono stati essi stessi, con la loro inerzia o con il loro appoggio garantito a certe linee di condotta politico-sindacale, i principali responsabili della formazione della “metastasi” che sta uccidendo questo microcosmo.