Unione Artisti UNAMS |
Considerazioni sulla situazione dell'Arte in Italia. E più propriamente: Stato, finanze e precariato Comunicato |
Che l'Italia stia vivendo una situazione, o come si dice in politichese una congiuntura economica, difficile non è un mistero; che i cittadini debbano farsene carico con “ lacrime e sangue” è ugualmente vero; ma che poi detti sacrifici vengano impiegati in modo alquanto incomprensibile, è anche questa una realtà.
Infatti, restringendo il discorso al settore artistico (dicasi Alta Formazione e Formazione secondaria e primaria, nonché lavoro per la libera professione degli artisti), avviene che, in forza della sopra descritta congiuntura, ogni qualvolta si chiedano interventi per l'ormai non più procrastinabile riordino e promozione del settore (leggasi anche precariato), si ottiene la solita risposta: non esistono soldi... neppure gli spiccioli.
Detto questo, la prima riflessione che ci sovviene è la seguente: notoriamente le difficoltà economiche non riguardano solo l'Italia bensì anche altri Stati europei (Germania, Spagna e persino Turchia) che, a differenza dell'Italia, per superare la crisi e intraprendere una politica di rilancio, hanno scelto d'investire, guarda caso, sulla cultura?
A questo punto chi pecca d'idiozia: l'Italia o gli altri?
Ritenere la Merkel scema mi pare alquanto azzardato!
E allora? Pazienza per la richiesta di “lacrime e sangue” ma pochissima pazienza quando, a fronte dei sacrifici imposti agli italiani, apprendiamo, giusto le ultime dichiarazioni del Presidente Monti, che si continueranno ad impiegare i soldi, cotanto spremuti, per continuare a finanziare il costosissimo intervento italiano in Afganistan. Era davvero così necessario il prosieguo di tale dispendio di denaro, o forse a renderlo tale sono le diverse cabale, equilibri o sudditanze internazionali dai quali l'Italia non ha saputo e saprà mai liberarsi?
A parlare di ciò si andrebbe molto lontano e non ci compete. Certo è, però, che spesso si viene a conoscere che dietro alcuni “disinteressati” soccorsi, operati a tutela della democrazia e della libertà di taluni popoli, si celino l'esistenza di realtà ben diverse, quale, ad esempio, quella che ci racconta come detti popoli spesso galleggiassero, su sterminati giacimenti di petrolio. La storia, infine, si ripete: ieri (1860) a tradire il Sud dell'Italia ci furono l'accaparramento dello zolfo siciliano da parte degli inglesi e le riserve auree napoletane da parte dei Savoia, mentre oggi, l'ingiusta ma taciuta causa, si configura con il possesso del cosiddetto oro nero. Tenendo però presente che le vere motivazioni non solo vengono sempre tenute nascoste, ma che le medesime vengono anche ammantate da forti idealismi. E nell'ottocento, come noto, la motivazione che si andò a pescare, per altri versi giusta, fu l'Unione del nostro bel Paese. E, oggi, con chi ci dobbiamo unire?
Ma, come detto il discorso, in parte esula, sia pure solo apparentemente, dalle nostre problematiche infatti, senza entrare nei meriti o nei demeriti della missione, lo Stato italiano, che si definisce squattrinato, prima di essere tanto generoso, dovrebbe togliere almeno qualche dubbio ai suoi cittadini. Orbene la missione in Afganistan (ma esistono anche altre missioni definite eufemisticamente di pace e di cui poco si parla) dovrebbe essere finalizzata non solo alla tutela della nascente democrazia Afgana ma anche al miglioramento delle condizioni di vita degli Afgani (così si spera) che sono sicuramente precarie. Pertanto intenti bellissimi e lodevoli! Eppure prima di favorire simili miglioramenti a beneficio delle case altrui c'è qualcuno che voglia ricordare al Governo che persino il Vangelo impone di amare il prossimo tuo, ossia le esigenze di chi ti è più da presso. E pertanto se pensare agli Afgani può essere anche un bene, non diviene certo un bene se ciò significhi, poi, mettere a rischio le condizioni, già insopportabili, per via di tassazioni e quant' altro, dei cosiddetti “ da presso”, dicasi gli italiani.
Insomma non si possono aumentare le tasse e spendere, se non sperperare, il denaro altrove. Questa purtroppo è una costante che ormai appare tutta e soltanto italiana.
Ordunque, in presenza di difficoltà casalinghe, non sarebbe opportuno che il Governo, prima d'impegnarsi a continuare nella sua generosità con gli altri, tentasse di assicurare sopravvivenza e dignità lavorativa anche ai nostri cittadini. Alla fine i soldi che il Governo spende non provengono proprio dalle tasche degli italiani?
E ancora: come si possono spendere i sopracitati soldi e poi negare ossigeno ai tanti piccoli imprenditori onesti, quelli che sin qui hanno salvato la nostra economia? Se questi poveretti venissero aiutati, molti di loro forse eviterebbero fallimento e suicidi. C'è qualcuno, poi, che racconta, sempre al Governo, come unitamente e dietro a quei suicidi, a monte, ci sono i suicidi ( per fortuna solo di sopravvivenza simbolica) di tante famiglie italiane ridotte quasi sul lastrico... con i più poveri che soffrono e tacciono per dignità?
Come infine si può sostenere che, per qualunque nostra esigenza, non esistano soldi e poi trovarli, a torto o ragione, prontamente per gli altri?
Pertanto, tornando ai problemi che ci riguardano, fatte queste considerazioni, possiamo dichiararci stufi di continuare a sentir dire, in Parlamento o in altro luogo deputato, che non ci sono soldi per noi, dicasi per le strette esigenze di Accademie e Conservatori di musica e per i nostri precari?
Sono espressioni, a fronte degli sperperi, che in quanto sindacato e cittadini non accettiamo più. Lo Stato non può solo prendere ma deve anche dare... Facciamo, a proposito di dare, qualche esempio:
Precariato:
Perché lo Stato, con o senza congiunture, non decide finalmente, a fronte di mille spese, e non tutte legittime, di farsi carico dello stanziamento di somme sufficienti per la stabilizzazione del nostro personale? O per caso, a frenarlo, è possibile pensare che intervengano interessi tesi a mantenere il precariato in eterno? Davvero una vergogna!
E ancora: che politica è quella che perseguono certi sindacati (esistono eccezioni) che, pur di ottenere consensi, promettono soluzioni a tutti ( leggi Istituti pareggiati, precari e magari seconda fascia). Come è possibile e razionale una simile cosa trovandoci in presenza dei soliti e insufficienti numeri di posti disponibili? A voler accontentare tutti, detti posti, dovrebbero essere, invece, migliaia. Con queste medicine non solo si risolve poco o nulla ma qualcuno, di certo, verrà ingannato.
Fondi alle Istituzioni:
Come è possibile continuare a diminuire detti fondi, e supplire alla mancanza dei medesimi, aumentando le tasse ai già spremuti studenti, e magari vedere dopo come i pochi soldi racimolati vengano spesi per amene iniziative che potrebbero, in epoca telematica, essere risolte in video conferenza?
I soldi esistono o no? In tempi di ristrettezze anche dare l'esempio e risparmiare un euro dovrebbe costituire un valore morale...o no!
Libera professione artistica:
Perché lo Stato nega soldi per il lavoro dei nostri artisti e poi ripiana i debiti faraonici di Fondazioni e grandi Associazioni che sperperano il denaro italiano ingaggiando quasi esclusivamente artisti stranieri, ormai anche per dire la famosa “cena è pronta”. Artisti che spesso sono mediocri... loro, non certo i cachet! Anche in questo caso non dovrebbe valere il fatidico: ama il prossimo tuo?
No, lo Stato forse non ama a pieno i suoi cittadini e peggio ama gli artisti!
Ma, subito dopo che si è assunta questa non proprio confortante convinzione, varrebbe, per onestà mentale, la pena di chiedersi: ma chi è lo Stato?
Non è per caso espressione di noi cittadini?
E quando lo Stato non assolve ai suoi doveri, a ricordarglieli non dovrebbero esistere i sindacati?
Infatti, essi dovrebbero, con il loro intervento presso il Governo, limitare le indifferenze, le dimenticanze, e spesso le ingiustizie lavorative operate avverso determinate categorie. Appunto dovrebbero, almeno, in regime democratico, ma siamo ancora in democrazia? E qui viene il bello, o se preferite il brutto; se esistono, come esistono, paurose disfunzioni, se il sindacato, nella sua maggioranza non ha saputo tutelare i lavoratori (vedi determinati, e non bloccati dalla maggioranza dei sindacati, provvedimenti di Brunetta) codesto sindacato non è forse espressione e frutto di chi li autorizza a trattare per loro conto?
Perché tanto facilmente il personale interessato, quando qualcuno svolge il suo dovere, non lo riconosce ma anzi crede e avvalora fandonie strumentali, così ottenendo d'invalidarne l'operato? Non è questo un modo per impedire, di fatto e a chi lo vorrebbe, di ben espletare il proprio dovere sindacale, con la conseguenza pratica, per la categoria, di farsi male da soli?
Perché pare che tutti concordano (tranne alcune eccezioni), parole belle a parte, a non volere una reale soluzione dei problemi dell'AFAM? A chi giova questa situazione tenuta perennemente in bilico? Perché chi dice la verità, oltre a non essere creduto, viene anche diffamato?
E ancora, perché i precari, da tempo, hanno scelto di restare precari affidandosi ad opzioni fumose, e non riflettano su tutte le reali occasioni che sono state, invece, volutamente perse. Occasioni denunciate, a suo tempo, dall'UNAMS e cadute nel vuoto? Perché gli interessati non comprendono che la soluzione per il precariato passa attraverso l'instaurarsi di più fattori, ovvero passa, oltre che da una precisa volontà politica, anche da una messa al bando, ad esempio, del privatismo, la cui sopravvivenza toglie studenti alle Istituzioni?
Perché, sempre i precari, credono che i loro problemi potrebbero essere risolti con il persistere dei corsi pre-accademici, quando notoriamente detti corsi, non essendo in organico, sono inesistenti, e non valgono neppure quali ore aggiuntive per i ruoli? E ciò, non a parere dell'UNAMS, bensì da espresso parere reso dell'avvocatura di Stato (avvocato Messineo), parere tenuto religiosamente nascosto onde coprire l'attuale situazione non proprio giuridicamente legale.
Diffamazioni varie:
Sempre continuando con le domande: perché non rammentare come ormai sia consuetudine che, nel nostro settore, allorché si stia per ottenere qualcosa di positivo, quanti perseguono obiettivi diversi e contrari, puntualmente scatenino una ben organizzata campagna di diffamazione? E pertanto, come ignorare che anche questa volta onde bloccare la soluzione del precariato e del riconoscimento del titolo agli studenti, il rituale si sia riproposto dando il via ad una serie di calunnie varie e tutte ben finalizzate.
Il concetto, infatti, che si vuol far passare, attraverso dette calunnie, è il seguente: perché immettere in ruolo docenti che non sono all'altezza o peggio lasciare che, costoro dequalificati (in questo caso il complimento è rivolto anche ai ruoli), rilascino titoli di primo e secondo livello? No, non è possibile! Per il buon nome addirittura dell'Italia non si consenta un simile scandalo e si fermi, dunque, il Parlamento! E alé... il gioco è fatto.
Ma ci vuole davvero un grande ingegno per capire dove si vuole, così facendo, andare a parare?
E altrettanto ingegno forse occorre per capire il significato del silenzio generale con il quale sono state accolte le diffamazioni?
Infatti, poniamo caso (ma lo poniamo solo) che qualcuno a fronte di una imminente massiccia immissione in ruolo abbia così pensato: ma perché dare stabilità quando, come ovvio, l'effetto dell'immissione ci priverebbe di tanti bei posti disponibili? E dopo come andremmo ad accontentare le tante richieste che ci sono in giro? Inoltre i precari, per la loro condizione, rompono poco e votano secondo i desideri (e li possiamo pure capire) di chi gli va ad assicurare il posto; senza aggiungere che il precario è anche un docente ideale poiché, per la sua condizione, lungi dal protestare è purtroppo pronto a subire.
Questo uno dei probabili ragionamenti che attengono all'evidente persistere del precariato. Ugualmente negare capacità professionali ai ruoli significa impedire che costoro, in quanto poco qualificati, possano rilasciare titoli di livello universitario a tutti gli effetti e non certo sperimentali. Compresa la “canzona”?
Pertanto tutti zitti!
Infatti, da quasi tutti i direttori (anche loro facenti parte dei dequalificati), non è partito né un lamento né un sussulto d'orgoglio o meglio di dignità. Eppure, taluni di loro, parlano tanto! O forse, da bravi musicisti, attendevano il via da un qualche “direttore d'orchestra”?
E i sindacati, anche loro, per esternare, hanno bisogno del via? O tacere è divenuta una via maestra? Non a caso tacciono sulla richiesta di un'interpretazione autentica del badge; tacciono, anzi lo firmano (non tutti) sul contratto integrativo che espelle dal fondo d'istituto, per le ore aggiuntive, i poveri docenti e tacciono, etc, etc... evitiamo querele. Infine occorre prendere atto come ormai esista un mutismo generale.
Con queste premesse, c'è qualcuno in giro che pensi ancora come le dichiarazioni diffamanti e relativi silenzi siano solo occasionali e non invece da correlare?
E allora che dire: se lo Stato rispecchia i cittadini anche per i sindacati vale lo stesso discorso: essi rispecchiano ciò che la categoria, in maggioranza, consente loro.
E vista la situazione non è un bello specchiarsi.
Pertanto, se qualcuno desidera cambiare la “canzona” di cui sopra, occorra che esca dalla voluta disinformazione e inizi anche a riflettere. E la riflessione deve essere operata sui fatti reali, ragionando senza condizionamenti e, soprattutto, con la propria testa, poiché il “credere, obbedire e combattere” ha portato già male all'Italia.
E visto che ci siamo varrebbe anche la pena che gli interessati riflettessero sulla storia e le azioni operate, nel tempo, dai sindacati. Ad esempio sarebbe ora che si desse il giusto riconoscimento magari all'UNAMS che, in tempi di “tengo famiglia”, ha invece saputo opporsi, all'occorrenza, ai vari potenti di turno. Sembra facile ma trovare chi opera con onestà d'intenti e coerenza è quasi impossibile... anzi fuori moda! Se poi qualcuno chiede il perché di tanta rarità...la risposta è facile: se sei onesto... o ti pigliano per scemo o non sei creduto!
E con queste parole abbiamo, di certo, aumentato la schiera degli “amici”, ma la verità ha sempre un prezzo!
D.L.
P.S. A proposito di esternazioni mi coglie l'obbligo di segnalare che, a fronte di tante calunnie, il Maestro Gelmetti, in una sua intervista, ha testualmente dichiarato come gli attuali professori d'orchestra siano, per la sua esperienza, migliori di quelli del passato. Ed ha aggiunto che di ciò debba essere dato atto alla bontà della nostra formazione.