Comunicato Stampa
Unione Artisti
UNAMS

Violetta, Alfredo e il matterello
(Cronaca vera di una bruttissima prima alla Scala)

Di Dora Liguori

Rif. 085
09-12-13

Gentili amici e colleghi, cosa pensate che esista di più illogico di un teatro che, volendo onorare l'italiano Verdi, affidi i ruoli dell' italianissima Traviata a tutti cantanti stranieri, neppure superlativi?

E inoltre: che ne dite di uno staff scaligero che, con somma intelligenza (e ce l'ha messa propria tutta ), vada a scovare, pare in Russia, un certo Dmitri Tcherniakov che, nella sua qualità di regista, ha dimostrato qualità insuperabili nel rovinare il capolavoro verdiano?

Ebbene...credo non esista nulla di più illogico e anche nefando!

Eppure questo è l'ultimo regalo che fa agli italiani il sovrintendente della Scala, signor Lessner che, finalmente, come ci dicono, lascerà il nostro Paese per andare a mettere le mani sull'Operà di Parigi. Non siamo felici per i francesi ma, insomma, qualche disgrazia se la meritano pure i nostri “cugini”, altrimenti, come direbbero a Napoli: “perché tutto a Gesù e niente a Maria?”

Pertanto, tornando alla scelta che Lessner ha fatto circa i cantanti, un occhio e orecchio estraneo (oserei dire anche ingenuo), volendoci ravvisare una qualche motivazione, avanzerebbe l'idea che, non essendoci più cantanti idonei in Italia, il povero sovrintendente, ovviamente straniero anche lui (siamo o no il Paese della p... pia donna?) sia stato costretto a rivolgersi altrove.

E proprio in ciò consiste l'offesa: far credere (causa forse motivazioni meno nobili) che, in Italia, non esistano più cantanti degni di tal nome.

Insomma oltre al danno... la beffa!

Ebbene no... e se ne faccia una ragione Lessner! Il nostro Paese ha, invece, per grazia di Dio, ancora fior d'artisti; anzi, per fare un piccolo esempio, questa verità l'abbiamo dimostrata anche nel corso della conferenza-concerto tenutasi il 27 Novembre alla Camera dei Deputati, per ricordare il bicentenario verdiano (vedi video su youtube)

Pertanto, tornando a quanto avvenuto alla Scala e che, per “legittima difesa”, il mio fegato non avrebbe mai voluto vedere, prima di parlare della protagonista è bene togliersi subito di torno il baritono, Zelico Lucc, il quale, non eccelso, è stato tiepidamente applaudito. A tale proposito ritengo che, con le tante belle voci baritonali in giro, Scala a parte, il Lucc, avrebbe qualche problema ad essere ingaggiato persino nella cosiddetta “lirica minore” italiana.

Passiamo, dunque, alla protagonista, la Damrau, già soprano di coloratura oggi approdata a Violetta. Il soprano ha un ottimo strumento vocale e altrettanto ottima tecnica, ma è fredda e non emoziona (e chi ha in mente la Callas sa quel che intendo). Detto questo, tra la Damrau, florida tedescotta più vicina all'immagine di una Carlotta del Werther che all'esangue Violetta, ci corre un abisso, anzi ci corrono molti chili che il “regista genio”, invece di mimetizzare ha pure evidenziato. E se un tempo la lontananza degli spettatori dal palcoscenico poteva consentire certe sovrabbondanze “caloriche” oggi, televisivamente parlando, ciò non è più possibile.

Il tenore, Piotr Beczala (mi pare polacco), al contrario dell'applaudita Damrau, è stato abbondantemente contestato, della qual cosa penso che, pur non essendo un Di Stefano o anche un Alagna, a mio giudizio, non era affatto scandaloso, solo mediocre e non da Scala, e con il vantaggio d'avere persino una bella presenza. Purtroppo ritengo che ad imbestialire il pubblico, più che la voce del tenore, sia stata la recitazione ridicola impostagli dal “genio regista” di cui sopra.

E qui parlando di recitazione e pertanto di regia arriviamo al nostro (anzi loro) Tcherniakov. Ma dico io: ce ne mancavano di fe... in Italia. Comprendo che distruggere la Traviata sia impresa non facile, applicandosi però qualche italiano ci poteva pure riuscire!

Comunque, per compiere una tale “bisogna”, che ti ha pensato il baldo Tchernia... o giù di lì?

“Cielo perché lasciare l'azione in quell'ottocento stantio, ove l'hanno temporalmente collocata quegli idioti di autori (dicasi Verdi e Dumas figlio), e non sbalzarla, invece, con un colpo del mio genio (anzi di sole), tanto per essere originali, tra gli anni trenta del novecento e una puntata nei nostri giorni?

E poi, sempre usando la materia cerebrale della quale non difetta il Tch, etc :

“Perché non mutare Alfredo, da quel romanticone fuori moda che è, in un teppistello “à la page”, oltre che idiota?”

Infatti solo partendo dal concetto che Alfredo è un idiota è possibile concepire la scena del secondo atto, durante la quale, a dimostrazione d'aver cambiato vita con la sua tedescona, pardon Violetta, il meschino canta un “lunge da lei” (che starebbe a significare “lontano da lei”) con la Violetta, invece, ben presente. E, mentre canta, sempre il tenore, stende la pasta col matterello per fare le fettuccine. E lo credo bene che poi la signora ingrassa!

Questo, a parte la trovata culinaria, ci racconta tre cose: o il regista non s'è letto il libretto, o l'ha letto e non essendo italiano non ci ha capito un'acca oppure il tutto è senza senso ...e basta!

Altre perle del genere, addirittura con Flora che si fa domande e risposte, il regista le ha equamente distribuite nel corso di tutta l'opera.

Ma, il meglio di sé, il signor regista lo ha dato nell'ultimo atto allorché, non si sa per quale sua elucubrazione esistenziale, egli evita accuratamente che Violetta e Alfredo, non dico s'abbraccino ma nemmeno si sfiorino.

Ora anche qui le chiavi di lettura sono due: o il regista, rammentandosi che la povera donna era malata di tisi (malattia al tempo trasmettibile), ha raccomandato ad Alfredo di stare lontano per evitare il contagio, oppure, costui regista, è venuto giusto in Italia a prenderci per i fondelli.

Insomma alla fine, costui, fa morire la povera Violetta mentre, al posto dell'amato Alfredo, ella stringe tra le mani una scatola di cioccolatini; e ciò sempre per rafforzare la dieta. Anzi, la poveretta muore mentre i tre signori (Alfredo, il padre e il medico), che sembrano capitati lì per caso, e sempre lontani per via del contagio, la guardano pensando: “s'è fatto tardi... e quando schiatta?”

Per inferocire la Scala e far vergognare il regista bastava molto meno!

E che ti fa invece il “genio”? Mentre il pubblico gridava “vergogna”, il signorino, imperterrito, sorrideva con un'aria di superiore grandezza che stava a significare: protestate pure, tanto con i tempi che corrono, si diventa qualcuno anche a prendere per i fondelli (di cui sopra) il pubblico italiano.

Ma è possibile che in tempo di crisi i soldi dei contribuenti debbano essere così lanciati dalla finestra? E' possibile che nessuno riesca a far smettere questi obbrobri o, come direbbe Sgarbi, delitti d'estetica, cacciando via i mercanti dal tempio? Ma quale Arte esiste in tutto questo?

In ultimo, e ce ne dispiace, il Presidente della Repubblica, forse per calmare gli animi ed evitare la sommossa che stava per avvenire in teatro, ha più o meno commentato, dicendo che: “a disapprovare erano stati gli amici della tradizione”.

No, Presidente, a disapprovare erano gli amici dell'Italia!”

P.S. La storia napoletana di Gesù e Maria la racconto un'altra volta.