Stenografico Aula in corso di seduta

Seduta n. 766 del 20/7/2000

(Applicazione della riforma in materia di accademie e conservatori)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza Sbarbati n. 2-02533 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 9).
L'onorevole Sbarbati ha facoltà di illustrarla.

LUCIANA SBARBATI. Grazie Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, con la legge n. 508 del 19 gennaio 2000 abbiamo posto fine ad un'annosa questione che riguardava la riforma delle accademie e dei conservatori e abbiamo dato dignità di istruzione superiore di livello universitario a queste realtà formative, dando anche l'opportunità agli studenti che le frequentano di avere un titolo di studio che è equivalente alla laurea, come avviene in Europa e negli altri paesi del mondo.
Assistevamo a delle ignominie incredibili per cui i nostri diplomati di conservatorio - perché così erano - e di accademia venivano rifiutati all'estero nelle istituzioni e nei concorsi pubblici perché il loro titolo era considerato un titolo di scuola secondaria, di secondo grado. Oggi non è più così, la riforma è realtà, ci sono gli adempimenti che, a seguito della legge n. 508, devono essere posti in essere, vi è da parte del Governo una straordinaria lentezza che ci preoccupa non poco, ci sono interferenze particolari che riguardano la pubblica istruzione che danno la sensazione di una incapacità o di una mancanza di volontà di lasciare qualche cosa: di lasciare uno spazio di potere, di far venir meno la dirigenza dell'istruzione artistica. Sono atti inspiegabili, infatti il Ministero della pubblica istruzione ha emanato un documento in materia di esame di ammissione in virtù del quale vengono anticipate le ammissioni, cosa che, secondo la legge vigente - che peraltro la legge n. 508 non ha abrogato e, fino a prova contraria, fino a quando non ci saranno i regolamenti, una delegificazione in questo senso non potrà avvenire -, non si poteva fare. Si dica che gli esami di ammissione si tengono in un'unica sessione che è quella autunnale. A questo proposito il Ministero della pubblica istruzione, in violazione patente di questo dettato legislativo, ha emanato una circolare diversa che naturalmente mette in difficoltà i conservatori.
Vi è poi una situazione di fatto che riguarda l'ARAN, per cui non si apre l'apposito comparto contrattuale nonostante sembri che dal Ministero dell'università della ricerca scientifica e tecnologica i passi necessari siano stati fatti.
Ci sono, quindi, delle posizioni difensive che destano non poca perplessità nel settore.
Sappiamo quanto è stato difficile varare questa legge e sappiamo che probabilmente ci sono ancora delle zone non del tutto luminose ma certamente è un fatto di civiltà ed è estremamente importante essere arrivati ad una determinazione in questo Parlamento che è venuta proprio dalla cultura parlamentare - e non dal Governo -, che ha fatto proprie istanze del mondo dell'arte in Italia che dovevano essere recepite.
Chiediamo spiegazioni su tutto questo, signor sottosegretario, e chiediamo spiegazioni nel merito di due questioni di fondo. In primo luogo, come lei ha letto nella mia interpellanza, chiediamo quali iniziative si intendano assumere da parte del ministro della pubblica istruzione, dell'università e anche della funzione pubblica per impedire queste interpretazioni errate, che quantomeno rappresentano un freno rispetto alla legge n. 508 del 1999, e per impedire il persistere di queste iniziative autonome che sono assunte, secondo noi, «intempestivamente ed illegittimamente» da uffici che dipendono dalla pubblica istruzione con l'intento di mantenere a tempo indeterminato lo status quo, incuranti anche del danno che deriverebbe a queste istituzioni, un danno che vogliamo assolutamente evitare.
In secondo luogo, chiediamo «quali determinazioni i ministri interpellati intendano adottare... per assicurare l'immediata apertura del comparto contrattuale», perché, se questo comparto contrattuale non si apre, è evidente che tutto quello che doveva passare all'università permane nella pubblica istruzione. E siccome lei sa bene che vi è rimasto tanti anni determinando il degrado assoluto di queste istituzioni, è bene che queste istituzioni transitino - così come dice la legge - dalla pubblica istruzione all'università, là dove devono essere allocate, nel cosiddetto terzo settore perché percorrano la loro strada, una strada di livello europeo e internazionale.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione ha facoltà di rispondere.

GIOVANNI MANZINI, Sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione. Signor Presidente, onorevoli deputati, in merito all'interpellanza in discussione - alla quale si risponde su delega della Presidenza del Consiglio dei ministri, stante il fatto che la materia appartiene a diversi Ministeri - occorre premettere che la legge 21 dicembre 1999, n. 508, attribuisce al Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica poteri di indirizzo, programmazione e coordinamento nei confronti delle istituzioni interessate ai processi di riforma e demanda la sua piena attuazione ad uno o più regolamenti da emettersi ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400. Poiché a tale norma viene attribuita immediata operatività, si è reso necessario, nelle more dell'istituzione presso il suddetto Ministero di una struttura che possa assumere direttamente la gestione, assicurare continuità all'amministrazione delle istituzioni interessate. Peraltro, tutti gli atti più significativi sono, nell'attuale fase transitoria, concordati tra i due Ministeri; è il caso anche della nota cui fanno riferimento gli onorevoli interpellanti che sembrano adombrare nella stessa un'iniziativa destabilizzante e contraria agli interessi dei conservatori di musica, nonché una violazione dell'articolo 6 del regio decreto 11 dicembre 1930, n. 1945. Tale tesi deve essere decisamente respinta in quanto la nota n. 9171 del 22 giugno 2000 si muove proprio nella direzione indicata dal legislatore con i processi di riforma innescati dalla legge n. 508 del 1999. Infatti, come gli stessi interpellanti ricordano, la legge consente l'accesso ai futuri istituti superiori di studi musicali soltanto agli studenti in possesso di un diploma di scuola secondaria superiore. Ciò pone da subito il problema di apprestare strumenti idonei a favorire il conseguimento del diploma, oggi non necessario, da parte degli allievi dei conservatori, nell'esclusivo e preminente interesse degli allievi stessi. Per realizzare tale obiettivo la stessa legge n. 508 del 1999 ha previsto, all'articolo 2, comma 8, lettera g), la facoltà di convenzionamento con istituzioni scolastiche per realizzare percorsi integrati di istruzione e formazione musicale, anche ai fini del conseguimento del diploma di istruzione secondaria superiore. D'altronde, il problema della frequenza di istituti secondari superiori, assume, sin da ora, aspetti che superano i profili di opportunità, per assumere carattere di cogenza giuridica per effetto di quanto disposto dalla legge 20 gennaio 1999, n. 9, sull'elevazione dell'obbligo di istruzione. Esistono, quindi, validi elementi che devono indurre i due Ministeri a favorire in ogni modo la frequenza della scuola secondaria superiore da parte degli allievi dei conservatori. Tale operazione avviene in un quadro non solo di opportunità politica e sociale, ma anche di piena legittimità in quanto sono intervenute, per volontà del Parlamento, una serie di norme che hanno completamente mutato il contesto operativo nel quale si inseriva l'articolo 6 del regio decreto 11 dicembre 1930, n. 1945 che recava, con tutta evidenza, una norma di carattere organizzatorio che viene ad essere privata della sua originaria funzione.
Lo strumento delle convenzioni tra conservatori e scuole del territorio, peraltro facoltativo e non vincolante, è stato suggerito come il più idoneo, per espressa volontà legislativa, a facilitare quel fenomeno di doppia frequenza da parte degli allievi, cui nessuno può sottrarsi. Oggi la via è percorribile per effetto dell'autonomia e della conseguente flessibilità organizzativa della quale gli istituti di istruzione primaria usufruiranno dal 1o settembre 2000, secondo il decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275. È evidente, per altro, che l'unico mezzo per consentire la reale attivazione delle convenzioni è quello di anticipare nel tempo gli esami di ammissione per quei conservatori che intenderanno avvalersi della facoltà loro concessa. Infatti, è noto, che l'anno scolastico inizia il 1o settembre e che i riflessi sugli organici e sulle operazioni di gestione del personale impongono la stipula nelle convenzioni in tempi antecedenti.
Né può essere ipotizzata una presunta violazione dell'articolo 2, comma 9, della legge n. 508 del 1999, che affida ai regolamenti la ricognizione delle norme vigenti da abrogare per incompatibilità, in quanto se si sostiene, in carenza di disposizioni finali transitorie, l'immediata vigenza delle norme della legge n. 508, se ne deve desumere che fin d'ora ne restino incise alcune previsioni del previgente contesto normativo.
Diversamente opinandosi, si dovrebbe concludere che fino alla data di entrata in vigore dei regolamenti applicativi tutto resti fermo, ivi comprese le norme sulla competenza che radicano gli adempimenti gestionali del Ministero della pubblica istruzione, con la conseguenza che nella fase transitoria la legge è inoperante.
Per quanto attiene poi all'istituzione dell'apposito comparto contrattuale per il personale docente e non docente delle accademie di belle arti e dei conservatori di musica, il Ministero dell'università e della ricerca scientifica da parte sua ha comunicato di avere formalmente richiesto al ministro della funzione pubblica con nota del 7 marzo 2000, sollecitata in data 14 giugno 2000, di promuovere nell'imminenza dei rapporti contrattuali per il pubblico impiego l'istituzione dell'apposito comparto come previsto dalla legge n. 508 del 1999, richiamata dall'onorevole Sbarbati nel suo intervento.
Da parte dell'ARAN (Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni) è stato precisato al riguardo che: l'articolo 2 della legge 21 dicembre 1999, n. 508 ha previsto l'istituzione di un apposito comparto di contrattazione per il personale dipendente delle accademie e dei conservatori, senza peraltro definire le modalità attuative; l'attuazione della citata disposizione non può avvenire, pertanto, che ai sensi della generale previsione di cui all'articolo 45 del decreto legislativo n. 29 del 1993 e successive modifiche ed integrazioni, per cui i comparti della contrattazione collettiva nazionale vanno definiti mediante appositi accordi tra l'ARAN e le confederazioni rappresentative ai sensi dell'articolo 47-bis; per la tornata contrattuale 1998-2001 i comparti di contrattazione sono stati definiti con un apposito accordo tra ARAN e confederazioni sindacali, stipulato il 2 giugno 1998, accordo che pertanto dovrebbe essere modificato qualora si volesse dare attuazione al disposto dell'articolo 2, comma 6, della legge n. 508 del 1999; la contrattazione per la modifica dei comparti di contrattazione presuppone un atto di indirizzo dell'ARAN da parte dell'organismo di coordinamento dei comitati di settore ex articolo 46, comma 5 del decreto legislativo n. 29 del 1993.
Ad oggi, peraltro, nessun atto di indirizzo è stato emanato per la costituzione di uno specifico comparto per il personale delle accademie e dei conservatori e conseguentemente l'ARAN non ha intrapreso la relativa trattativa.
Per quanto concerne infine il non contestuale avvio per i conservatori di musica del processo di riforma, il competente Ministero dell'università e della ricerca scientifica ha fatto presente che presso il dicastero medesimo, presenti i massimi esponenti, si terrà sull'argomento una discussione collegiale il 21 luglio del corrente anno.

PRESIDENTE. L'onorevole Sbarbati ha facoltà di replicare.

LUCIANA SBARBATI. Devo dire che il sottosegretario ha fatto del suo meglio, naturalmente con le risposte che gli uffici preparano, appellandosi ad articoli, a leggi, ad alcune cose pertinenti, ad altre che lo sono un po' meno.
Alcune questioni non possono non trovare un accoglimento da parte mia perché sono nei fatti che si sono svolti nel tempo con i modi che sono stati qui rappresentati dal sottosegretario.
Ve ne sono però altre che impegnano anche un discorso politico riguardante tanta la maggioranza quanto l'intero Parlamento.
Vi è un impegno. Quando si dice che l'ARAN fa riferimento all'articolo 2, comma 6, della legge n. 508 per aprire il comparto, ma che comunque tutto questo deve essere subordinato all'articolo 45 del decreto legislativo n. 29 del 1993, ci si arrampica sugli specchi per dire che l'Agenzia e le confederazioni non hanno trovato ancora il modo per incontrarsi ed affrontare il problema e quindi non sanno ancora che pesci pigliare o - meglio, onorevole Manzini - questi pesci non li vogliono pigliare. È di tutta evidenza che probabilmente qualche sindacato è rimasto fuori nelle recenti elezioni del CNAM o non ha visto i consensi che pretendeva di avere o pensa di perdere una parte del potere o qualche ministero cerca di ritardare le operazioni; tutti fanno a gara per evitare che questo comparto si apra così come stabilito qui in Parlamento.
È vero che dal 1998 al 2001 i comparti sono stati determinati non con la trattativa del 2 giugno 1998, alla quale lei ha fatto riferimento, e che, quindi, per fare questa modifica è necessario che le parti si incontrino; è altrettanto vero, però, che la stessa maggioranza e lo stesso Governo devono spingere verso la volontà di incontrarsi, se è vero come è vero che il Governo, la maggioranza e l'intero Parlamento hanno voluto questa legge dopo quarantacinque anni di attesa.
Non si può aspettare più di tanto né prendere ancora in giro la gente nascondendosi dietro il discorso dell'autonomia. Sappiamo benissimo che l'autonomia è una realtà e che deve essere concessa a tali istituzioni; sul discorso «autonomia subito» si gioca la possibilità vera di decollo di queste istituzioni di alta cultura e di livello universitario (il terzo settore); lo voglio ribadire perché ancora non se ne parla troppo, anzi si fa finta che tutto ciò non esista.
Onorevole sottosegretario, le devo anche confessare, per chiarezza di posizioni, poiché non ho paura né delle parole né delle responsabilità, che vi è un atteggiamento quasi di misconoscimento di questo atto legislativo del Parlamento. Non «se n'ha da parlare», se ne deve parlare poco ed in sedi più o meno nascoste e, soprattutto, non bisogna dare molto risalto alla cosa perché non sia mai che accademie e conservatori prendano un pochino la rincorsa per fare quel che devono fare. Evidentemente, vi è una sorta di volontà trattenuta - chiamiamola così, per giocare sull'eufemismo - da parte del Ministero della pubblica istruzione che, onorevole Manzini, non molla e non vuole mollare, pur essendo coinvolti i suoi interessi. Onorevole Manzini, come lei sa sono in gioco anche i quattrini; tutte le risorse della pubblica istruzione devono transitare alle università. Non è una questione di budget o di bilancio, come diremmo, ma di volontà politica.
L'ARAN è indipendente e autonoma, ma deve fare gli interessi dei cittadini, rappresentandoli nei vari comparti e tutelando interessi perfetti e legittimi. Qui vi sono gli interessi perfetti e legittimi delle istituzioni indicate, di coloro che vi insegnano, di coloro che le frequentano e che, ai sensi di una legge dello Stato (la n. 508 del 1999), devono essere tutelati. Pertanto, l'ARAN non può rispondere.
Mentre il ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica ha fatto appieno il suo dovere, e gliene do atto con molta e personale soddisfazione, sia per i rapporti positivi esistenti, sia perché ho constatato in lui una grande disponibilità verso detta legge e verso il processo che essa innescava, non posso dire altrettanto, peraltro da sempre, per quanto concerne il Ministero della pubblica istruzione, che naturalmente, assieme a qualche sindacato - parliamo molto chiaramente -, ne fa un problema di perdita di potere e di consensi. Ma non è vero: perderanno potere e consensi, come è successo nella scuola, se continueranno ad assumere iniziative stupide per frenare un processo che è nella storia; non possiamo essere il fanalino di coda dell'Europa e del mondo in questo settore, né si può pensare che i conservatori italiani tengano ancora una volta il passo.
Il tentativo, comunque ventilato, di emanare regolamenti per le accademie lasciando fuori i conservatori non sia mai venga posto in essere, onorevole sottosegretario, perché il Parlamento si ribellerebbe; nei confronti di un'azione di questo tipo - che né Guerzoni, né il ministro della pubblica istruzione, né il Governo (che si è impegnato, sia pure a denti stretti, su questa legge) si possono sognare di fare - vi sarebbe una reazione trasversale. La legge è stata varata ed è una delle pochissime leggi di iniziativa parlamentare; essa deve trovare, anzitutto, il rispetto del Governo, dell'ARAN, dei sindacati e, soprattutto, delle esigenze giuste e sacrosante degli operatori del settore che, una volta per tutte, devono essere riconosciuti nella qualità del loro insegnamento. Tale qualità è riconosciuta dagli altri e non da noi, perché gli studenti stranieri vengono a perfezionarsi in Italia ma, guarda caso, noi non rilasciamo, o per meglio dire non rilasciavamo, titoli di studio.
Il processo va portato avanti, va sostenuto e lei, per il partito che rappresenta oltreché per il Governo nel quale si trova, deve sostenerlo, rimuovendo gli ostacoli che vi sono nell'ambito della pubblica istruzione; sappiamo che è così.
Per quanto riguarda la norma che lei sostiene non essere illegittima, lei ha articolato il suo discorso in maniera sapiente - non siamo nati ieri e, quindi, comprendiamo il linguaggio giuridico ed i riferimenti legislativi -, ma con una stentata articolazione. Lei sa bene, professor Manzini, che quando noi affermiamo che la norma precedente non è più in vigore dal momento in cui vengono emanati i regolamenti - perché è la legge Bassanini che dice questo e non Luciana Sbarbati o qualcun altro -, non possiamo poi sostenere che questo servirà in maniera estensiva anche a bloccare l'intero processo. Professor Manzini, non sta scritto da nessuna parte! Questa sì che è un'interpretazione estensiva e illegittima da parte dei suoi uffici: mi riferisco al fatto di sostenere che, se noi diciamo questo, allarghiamo il panorama anche al possibile blocco del processo che la legge innesca e quindi al passaggio successivo. Questo non è vero!
Come vi deve essere in ogni momento la capacità di interpretare il senso vero della legge e non solo la lettera, credo che forse da entrambe le parti (mi assumo responsabilità mie e di quanti hanno firmato l'interpellanza in esame: si tratta di più di 40 deputati e quindi non è una questione che non è sentita; peraltro, ne avremmo trovato anche di più di firme, se fossero state necessarie e se vi fosse stato il tempo) ci vorrebbe il senso, la capacità e l'umiltà di interpretare non solo la lettera della legge, ma anche lo spirito della stessa. Se lo spirito vero ed autentico è quello di dire che queste istituzioni meritano questa legge e forse anche una legge migliore e meritano di iniziare questo processo virtuoso che le tiene nell'ambito del terzo settore (e quindi a livello universitario, con tutte le prerogative, le responsabilità, gli oneri e gli onori che competono loro), allora dobbiamo attivare tutte le azioni possibili! In questo senso, preannuncio che, dopo aver sentito la sua risposta, invieremo una lettera alla Presidenza del Consiglio dei ministri per chiedere che venga sbloccata questa situazione a livello di ARAN.
L'ARAN non si può nascondere dietro ad una «foglia di fico» e deve assumersi le proprie responsabilità: si rivolga ai sindacati e faccia tutti i passi possibili; e, soltanto se questo non sarà possibile, ce ne dovrà spiegare le ragioni, perché noi, come legislatori, lo vogliamo sapere, nella tutela di interessi legittimi esistenti fuori da questa sede, ai quali dobbiamo delle risposte perché ci siamo assunti delle responsabilità. E non sia mai che a queste responsabilità noi veniamo meno!
Grazie.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Sbarbati.