Comunicato Stampa
Unione Artisti
UNAMS

Brevissima cronistoria di un sofferto percorso per ottenere un riconoscimento costituzionalmente dovuto e sempre incredibilmente contrastato - di Dora Liguori

Comunicato Stampa - PRIMA PARTE

Rif. 002
05-01-13

Pubblichiamo, divisa in tre giorni consecutivi, una cronistoria di quanto ultimamente avvenuto, compresa la vicenda del “precariato”

  • . PARTE PRIMA
  • . PARTE SECONDA
  • . PARTE TERZA
  • 14 Dicembre 2012: una data storica per l'Alta Formazione Artistica e Musicale italiana

    (L'UNAMS, dopo tante battaglie, vince la guerra iniziata nel' 79 per il riconoscimento, al più alto livello, dei titoli rilasciati da Accademie e Conservatori di musica)

    Visto il clima ancora natalizio e festivo desidero iniziare il 2013 con una famosa e bellissima massima spirituale: “Dovremmo avere nell'animo questa certezza: che il mondo si perde anche per colpa nostra e si salva anche per la nostra umilissima opera”.

    Con il conforto di questa massima, come già annunciato, soltanto ora, a mente fredda, mi sento di dare una lettura, sia pure sintetica, del provvedimento di legge, approvato in sede di “Legge di stabilità dello Stato” (ex finanziaria) che, di fatto, va a concludere, nei suoi aspetti fondamentali, l'iter del processo di riforma degli studi artistici italiani al più alto livello. Accompagno questa lettura con un breve antefatto su quanto, negli anni, è avvenuto, altrimenti sarebbe impossibile, ai più, comprendere la reale portata del provvedimento di legge approvato il 14 dicembre u.s.; puntualizzo inoltre, rispondendo a molti solleciti, anche rispetto ad altri nodi importanti che, non essendo stati ancora risolti, mantengono il nostro settore ancora in sofferenza .

    Brevissima cronistoria di un sofferto percorso per ottenere un riconoscimento costituzionalmente dovuto e sempre incredibilmente contrastato

    La novella Repubblica italiana, nel formulare nel'47 la sua Costituzione (entrata in vigore il 1°Gennaio ' 48), pone, all'Art33, la formazione artistica e musicale allo stesso livello delle Università, ossia al più alto livello formativo ma, come ovvio, detto articolo andava attuato nei suoi principi, nella sua filosofia e nelle sue intenzioni, da una legge appunto attuativa formulata dal Parlamento. Purtroppo Accademie e Conservatori di musica (allora pochissime Istituzioni) godendo, in Italia, di un grande prestigio ereditato dal passato e mantenuto durante il ventennio, e soprattutto godendo di grande prestigio all'estero (basti pensare ai riconoscimenti universali per il Conservatorio di Napoli, il primo del mondo), hanno ritenuto, e in ciò consiste la loro colpa, sia nel passato che nel presente, di restare spesso chiusi in se stessi e poco attenti alla società che li circondava; o meglio hanno vissuto semplicemente nella convinzione che nulla avrebbe potuto scalfire il loro personale altissimo bagaglio fatto di esperienze e di una grande capacità di trasmissione dei saperi. Non è infatti, un caso che, nonostante tutto, essi abbiano continuato a mantenere il loro primato nel mondo.

    E pertanto la maggioranza degli artisti, non accettando alla base i cambiamenti imposti dalle nuove regole e dai tempi, con facilità o forse per noia, hanno continuato a non partecipare ai dibattiti partitici, e neppure hanno ritenuto di dovere, per così dire, essere presenza attiva nei posti ove si andava a decidere la sorte dei cittadini. Un comportamento, questo, che era facile intuire avrebbe prodotto una loro fatale esclusione dal dibattito culturale, con relativa e forte penalizzazione. Infine con la fatidica frase: “sono un'artista e non posso interessarmi di cose politiche”, gli artisti hanno consentito che fossero altri a parlare per conto loro. E visti i risultati non si può affermare che, vuoi per incompetenza o vuoi per interessi personali, “questi altri” abbiano parlato e operato bene.

    Ma, detto questo, è pur vero che i difetti caratteriali di una categoria non possono divenire una scusante per distruggere la medesima. Il fenomeno che, invece, ne è derivato, in particolare per i musicisti, è stato semplice: a vivere, e spesso bene, sull'”affare musica” sono stati faccendieri vari, parolai etc, tutti insomma tranne che i musicisti. Infatti, il rifiuto, come sopra detto, di chi operava artisticamente sul campo ad interessarsi delle “cose proprie” ha portato i “soliti furbi” ad abusare di questa pigra acquiescenza per appropriarsi delle risorse disponibili ed escludere gli italiani da tutti i luoghi importanti e deputati a far musica (leggi Fondazioni liriche e grandi associazioni concertistiche), Poi, per giustificare presso l'opinione pubblica un simile operato, i faccendieri di cui sopra misero in cantiere la più grande delle menzogne: gli italiani erano spariti dai cartelloni, non perché dietro la sparizione ci fossero maneggi più che sporchi, bensì perché, essi erano divenuti artisticamente incapaci; pertanto, ai tapini, per tenere in piedi i cartelloni non restava che rivolgersi agli stranieri (tanta esterofila l'ho altre volte spiegata, e più volte anche la magistratura se n'è interessata). Fu così che i cartelloni delle Fondazioni liriche e delle grandi Associazioni concertistiche, a fronte di alcuni eccellenti musicisti stranieri (pochissimi) registrarono la presenza di una massa di mediocri strapagati, sempre stranieri e massimamente parlando di cantanti, i cartelloni si riempirono di persone che nei loro Paesi d'origine non avrebbe aperto bocca neppure per le più semplici funzioni religiose. Senza contare la presenza di altrettanto strapagati scenografi stranieri, inadeguati a reggere persino... la sedia ai nostri scenografi. Pertanto non essendo a lungo sostenibile la cosa, e dovendo in qualche modo motivare la improvvisamente sopravvenuta quanto assurda “moria artistica Italiana”, con un colpo di genio, gli stessi sfaccendieri (ché altro nome non mi sovviene) individuarono, nei docenti dei Conservatori di musica e Accademie, definiti incapaci e poco qualificati, i veri responsabili della situazione creatasi. Insomma, per coprire corruzione e interessi di altro tipo, i docenti di queste storiche Istituzioni, oltre che ad essere definiti artisticamente incapaci, vennero bollati anche intellettualmente, quali dei “minus habens” (incapaci mentali) che, per l'appunto, andavano, per conclamata mancanza di materia cerebrale, esclusi dalla conduzione delle cose afferenti alla musica. Infatti, senza questa ridicola, se non tragica messa in scena, come avrebbero potuto i furbetti gestire, in santa pace, quel poco che lo Stato metteva ancora a disposizione della cultura e della musica? Non a caso i furbi prosperano laddove esistono i... chiamiamoli ingenui o masochisti; ché questo, per colpa della nostra poca propensione a reagire alle calunnie, abbiamo finito per divenire.

    In questo scenario va ad innestarsi, negli anni '70, anche la vicenda di Accademie e Conservatori di musica... ove sempre i furbi di cui sopra, per meglio completare l'assoggettamento dell'”affare Arte”, decisero d'impadronirsi anche di queste Istituzioni. E per questo non proprio nobile fine, nel '74, assicuratisi il silenzio di quanti invece avrebbero dovuto tutelarci, stabilirono d'assestare il primo micidiale colpo, servendosi dei cosiddetti “Decreti Delegati”; un qualcosa che aprì le porte ad un processo di secondarizzazione senza precedenti per Accademie e Conservatori di musica, e rappresentò anche per queste storiche Istituzioni una specie di disfatta di Caporetto!

    Andando per ordine occorre ricordare che, dopo la guerra e sino agli inizi degli anni '70, Conservatori e Accademie vivevano, godendo del prestigio passato, all'interno di un loro indisturbato limbo. Ma, a fronte di questo, è il caso di dire conservatorismo, la società e le leggi italiane andavano avanti e, nel caso di Accademie e Conservatori, allorché nel contesto della discussione sui “Decreti delegati”, emerse la volontà d'inglobare nelle regole e nel settore della secondaria anche Conservatori ed Accademie, per quanto assurda e deleteria, oltre che incostituzionale, fosse la cosa, non registrando da parte di alcuno un sostanziale contrasto, i decreti furono affibbiati anche a noi. Pertanto è abbastanza facile arguire che, a fronte di tanto silenzio, probabilmente ci doveva essere stato, alla base, un preventivo accordo politico-sindacale. Infatti, se almeno i sindacati di allora (CGIL- CISl- UIL e il sindacato di categoria SNIA) si fossero opposti la cosa non sarebbe mai passata. Pertanto alla faccia di quanto sancito dalla Costituzione: si decretò la secondarizzazione di Accademie e Conservatori di musica.

    Le motivazioni politiche della scelta andavano ricercate nelle richieste pressanti che avanzavano le Università, divenute più che mai impazienti d'arrogarsi il diritto di consegnare, loro, una laurea artistica al più alto livello; mentre le motivazioni sindacali andrebbero ricercate, ieri come oggi, nel fatto che non prevedendo il sistema universitario forme di contrattazione tipicamente sindacali, per non perdere potere, i sindacati non potevano che condividere una collocazione, anzi un assorbimento, di Accademie e Conservatori all'interno della secondaria (ricordiamo che i sindacati tradizionali e il sindacato SNIA erano composti all'90% da docenti della secondaria che, da sempre, mal sopportavano quelli che ritenevano essere i privilegi ingiustificati dei nostri docenti).

    Approvati i Decreti delegati (anche la scuola di ogni ordine e grado ne uscì massacrata) con il conforto dei più importanti politici del tempo, dei sindacati tradizionali e purtroppo con il colpevole silenzio-assenso di quasi tutti i direttori di allora (la storia si ripete), venne dato ai funzionari di Viale Trastevere, sede del Ministero della Pubblica Istruzione, il compito di attuare i famigerati decreti. E costoro, senza troppo farsi pregare, diedero inizio a un processo di distruzione di Accademie e Conservatori senza eguali, un vero “omicidio” culturale dell'Alta formazione artistica e musicale italiana.

    Aperto, anzi spianato il cammino, passava di nuovo al Parlamento l'obbligo di completare l'opera. E ciò avvenne, nel '78, con la presentazione di un DdL dell'On. Mascagni, il quale, riaffermando, grazie ai preparatori decreti, essere le Istituzioni artistiche null'altro che scuole secondarie, affidava alle Università il compito (francamente anche ridicolo) di rilasciare, al posto degli storici Conservatori di musica e Accademie, le relative lauree.

    L'offesa, soprattutto culturale, intervenuta dopo circa cinque secoli di gloriosa storia, risultò tanto grande che, finalmente, nei Conservatori, scattò, per merito di un gruppo di docenti che facevano capo a Liliana Pannella e Almerindo d'Amato, la rivolta. È in quei mesi che, al gruppo, venni fortuitamente aggregata anch'io. Subito dopo,il gruppo ebbe a rinforzarsi per merito di due fondamentali presenze, l'On. Carelli e il Prof. Damiani; nonché di tanti altri preziosi amici (fra i primi Claudio Scimone e Giuliano Silveri). Fu così che si arrivò nel fatidico anno '79, senza sapere cosa ci attendeva e i forti interessi che andavamo a toccare, senza “armi” appropriate, e senza reale potere, ma ricchi di tanta ragione e idealismo, da perfetti incoscienti quali eravamo, a fondare l'UNAMS.

    La battaglia, iniziata quasi per gioco, andò a toccare con ogni evidenza alcuni nervi scoperti, oltre ad una serie di variegati e notevolissimi interessi; la reazione di certi signori (quelli che per intenderci avevano architettato il piano di cui sopra) non si fece attendere e si manifestò subito in tutta la sua spaventosa (il termine non è esagerato) violenza. Infatti, chi pensava che fosse già tutto fatto e concluso, non gradì la reazione e tentò in tutti i modi (spesso assolutamente impropri) di azzittire quanti andavano “solo” rivendicando dei ben precisi diritti costituzionali.

    Dio è testimone: è stata una battaglia senza precedenti, degna di miglior causa, e che, durata lunghissimi anni, ha fortunatamente trovato la sua conclusione positiva, presso il Senato, proprio il 14 dicembre 2012.

    Tornando alla battaglia scatenatasi, L'UNAMS, nonostante una palese e naturale inferiorità numerica, convinta delle sue ragioni e ricca del profondo idealismo che connotava i suoi componenti, accettò lo scontro impari con i poteri forti, rispondendo agli attacchi con fermezza e continuità di politica: colpo su colpo; tanto da giungere a riconquistare, anche attraverso la vittoria di una cinquantina di ricorsi inoltrati ai vari tribunali Amministrativi Regionali e al Consiglio di Stato, buona parte di quelle posizioni ch'erano state perse, prima con i citati Decreti delegati e, dopo, con le numerose e deleterie iniziative dell'Amministrazione. A tal proposito, e con amarezza, va sottolineato che il potere amministrativo mai e poi mai sarebbe stato in grado di procedere se non avesse avuto dalla sua, con ogni probabilità, la cosiddetta sponda sindacale. E la misura di ciò è data dall'evidente fatto che a ricorrere contro i tanti abusi, presso i Tar e Consiglio di Stato, sia stata sempre e solo l'UNAMS (ancora oggi non è cambiato nulla), attirandosi per questo le feroci “simpatie” di un'Amministrazione che, disabituata ai contrasti, mal sopportò (e neppure oggi le sopporta) la presenza di un sindacato tanto fuori dai purtroppo consueti, benché innaturali, schemi correnti.

    Queste cose le rammento perché molti degli attuali docenti non possono né ricordare né sapere in che miserevole stato, e nel giro di pochi anni (dal '74 al '79), era stato ridotto il settore. Per fare solo qualche esempio rammento che:

    1. l'inizio dell'anno, chiamato scolastico, era stato stabilito per Settembre, con tutti gli obblighi della scuola secondaria (consigli, rientri, scrutini, etc.);
    2. si tentava continuamente, durante i rinnovi contrattuali, di abbassare gli stipendi per portarli verso i parametri degli allora maestri elementari (a questo l'UNAMS, da sola, resisté con un blocco degli scrutini lunghissimo, vincendo ancora una volta la battaglia);
    3. la ciclica e ricorrente proposta, per quanto atteneva all'orario di servizio, di una omologazione con la secondaria e pertanto con l'orario di servizio che portato a 18 ore avrebbe dovuto essere spalmato in un minimo di quattro giorni (rammento su questo punto le battaglie dell'UNAMS avverso l'ARAN e l'allora capo dell'Ispettorato, vinte solo per l'intervento dei ministri Galloni e Gaspari);
    4. la volontà di procedere, dopo la soppressione del cosiddetto doppio impiego, anche alla soppressione dei permessi artistici (attualmente c'è qualche direttore che vorrebbe ripristinare il divieto), etc. etc....

    E indovinate chi erano i “migliori amici”, insomma i sostenitori principali di questi bei progetti?

    Vorrei dirvelo ma, amici, l'avvocato mi consiglia di soprassedere, tanto è cosa che si può immaginare e capire benissimo e, in ogni caso, sono ancora vivi e vegeti moltissimi testimoni... e le carte cantano.

    Infine la situazione sarebbe stata davvero disperata se, a supporto delle nostre ragioni, non fossero intervenuti alcuni ministri illuminati: da Valitutti a Misasi da Gaspari a Galloni, nonché funzionari (ricordiamo il dott. Tortoreto, il primo funzionario che non volle condividere il progetto di secondarizzazione). Tutte personalità che, accogliendo le proteste del sindacato, si opposero fermamente a quella ch'era divenuta una vera persecuzione di Accademie e Conservatori. Fu allora che molti esponenti del Parlamento, forse anche ammirati dalla tenacia con la quale ci battevamo, iniziarono a parteggiare per noi e bloccare l'andazzo generale, tanto da rendere possibile una lenta risalita della china.

    In queste condizioni arriviamo al fatidico anno 1993 allorché, all'interno di una finanziaria, pronubo sempre l'On. Carelli, il ministro Cassese ebbe a telefonare al sindacato per, così disse, testualmente concedere a me e al Prof. Damiani dieci minuti per formulare dieci parole che, in forma di emendamento, segnassero un punto fermo a favore di quella ch'era divenuta una ormai troppo lunga battaglia. Le parole formulate, in quei dieci storici minuti, furono:

    ...omissis: le Istituzioni di Alta Cultura di cui all'Art. 33 della Costituzione e in particolare le Accademie e i Conservatori di musica hanno personalità giuridica e sono dotati di autonomia organizzativa, finanziaria, didattica, di ricerca e sviluppo nei limiti, con la gradualità e con le procedure previste dal presente articolo. (Collegato alla finanziaria del 1994 L. n. 537 24 Dicembre '93) In pratica e “in nuce” la riforma.

    Queste parole rappresentarono la prima grande vittoria UNAMS.

    Ma, come subito diventerà, in presenza di vittorie dell'UNAMS, una triste consuetudine, coloro che avevano remato contro o al massimo erano stati passivamente a guardare, non fecero mancare la loro esibizione di forza, sprecandosi in commenti finalizzati a sminuire la conquista raggiunta; nel caso specifico i commenti, poi, sulle parole “alta cultura” furono anche satirici. Il dado, però, era tratto e, ovviamente senza riconoscere meriti all'UNAMS, furono proprio i primi detrattori che, alla faccia della logica, iniziarono, presso le loro Accademie e Conservatori, ad esporre targhe e usare carte intestate, fregiandole con le tanto derise parole.

    Nel '94, con l'avvento del primo Governo Berlusconi, e forti finalmente della sopracitata pronuncia, sempre a cura del Sindacato UNAMS, fu presentato dall'On. Burani (Presidente della Commissione Cultura Sgarbi) un primo DdL di Riforma, questa volta in senso universitario degli studi artistici e musicali. Caduto Berlusconi, e insediatosi il Governo Dini, il DdL, venne ereditato dall'On. Sbarbati che, grazie anche all'avvento di un ottimo Ministro della Pubblica Istruzione -On. Lombardi- con Capo dell'ispettorato la bravissima dott.ssa Preden, poté procedere ad un'accelerazione della discussione alla Camera.
    La parentesi felice fu però breve perché, insediatosi a viale Trastevere, il ministro Berlinguer, il DdL di riforma tornò a segnare il passo e ugualmente ebbe una ripresa la sequela dei ricorsi (ovviamente ricorsi sempre avanzati dall'UNAMS), il ché significava che, con ogni probabilità, essendosi ripristinato l'antico accordo politico-sindacale, l'amministrazione aveva, di nuovo, via libera.

    Nonostante la tenacia dell'On. Sbarbati, il DdL di Riforma avanzava lentamente, ostacolato com'era in tutti i modi. In particolare i sindacati, con illogicità manifesta, se costretti, dichiaravano di volere la riforma però, chissà perché, ne combattevano pervicacemente il percorso parlamentare, senza peraltro formulare neppure proposte costruttive; e se le formulavano, esse erano (tanto per non smentirsi) sempre e soltanto inclinanti verso la secondarizzazione, sia per il personale che per le Istituzioni. Queste richieste vennero accolte, nel passaggio al Senato, dal Senatore Lombardi-Satriani che, invece di discutere il testo pervenuto dalla Camera stilerà un nuovo testo (come farà anni dopo l'On. Scalera), testo che vorrei, quale castigo per determinati colleghi, e visto che lo difendevano tanto, far applicare solo a loro esclusivo “vantaggio”. A volte ritengo che, vista la “stima” che spesso esiste fra Camera e Senato, sarebbe proprio il caso, come ventilato nel passato, che le due Camere si dividessero i compiti.

    Il fine ultimo, e per nulla nascosto, era quello di favorire ancora le Università. A tale proposito rammento un famoso convegno durante il quale, pressati, i soloni (non faccio i nomi per carità cristiana) che lo presiedevano dissero che, non occorreva che i docenti di Accademie e Conservatori si preoccupassero tanto, per loro era stato previsto un “confortante” impiego presso le Università, quali “tecnici di laboratorio”. Scusate se è poco!

    In quell'occasione anche i docenti “cosiddetti trinariciuti”, disobbedendo alle consegne, non poterono fare a meno di fischiare e abbandonare la sala.
    Comunque il DdL proseguì il suo iter e purtroppo, per volontà del ministro Berlinguer, dal progetto saltò via, per i Conservatori, una delle parti fondamentali, quella che prevedeva la compiuta organizzazione esterna degli studi iniziali (medie e licei ad indirizzo musicale).

    Un formidabile errore culturale che tante conseguenze ha avuto ed ha ancora oggi.

    Se pur reso monco, mandato in minoranza il relatore al Senato -Lombardi Satriani- e sopravvenuto nell'incarico il Sen. Asciutti e soprattutto sopravvenuto un ministro dell'università favorevole -On. Zecchino- la grintosa accoppiata di relatori - Sbarbati-Asciutti - seppe, nel dicembre del '99, avere la meglio sui vari oppositori, e il DdL miracolosamente approvato addirittura all'unanimità come L. 508 (un aiutino lo diede pure D'Alema).

    Finalmente Accademie Conservatori ottenevano una legge di Riforma che all'Art. 1, andava a richiamarsi alla logica e allo spirito del famoso Art. 33 della Costituzione.

    Purtroppo, dopo un primo disorientamento (ci fu anche chi, coprendosi di ridicolo, tentò di salire sul carro del vincitore, prendendosi qualche merito inesistente), le forze contrarie si riorganizzarono e scelleratamente decisero che, essendo la L.508 una legge delega, si sarebbe potuto trovare un terreno fertile per distruggere i vantaggi della Riforma in occasione della stesura dei previsti regolamenti attuativi; un modo infido, ma certo, per invalidare il lavoro di tanti anni e far rifiutare al personale di Accademie e Conservatori di musica la Riforma medesima.

    Perché tanta avversione?

    I perché sono tanti e tutti poco edificanti.

    Ad esempio quello principale, ma ve ne sono altri, consiste sempre nel mai sopito desiderio di compiacere determinate Facoltà universitarie che, nonostante il passaggio della Riforma, non avevano alcuna intenzione di mollare il ricco osso rappresentato dall'Arte; o anche ulteriore motivazione il risentimento di alcuni sindacati che, essendo stati (non era un mistero, esistono i documenti nonché esiste la Sbarbati) palesemente poco felici circa la possibilità d'approvazione di una Riforma, non intendevano accettare, ora, l'avvento di una realtà che per loro si presentava addirittura sconvolgente, anzi pensavano che a mandarla giù liscia avrebbero rischiato di dare un “cattivo esempio”. Infatti, come si poteva concepire che un sindacato chiamato UNAMS, e da loro ritenuto, come il titolo di quel famoso film: brutto, e cattivo... (sporco no!) avesse potuto, nonostante la gagliarda opposizione della sacra Trimurti, realizzare per l'Alta Formazione artistica e musicale italiana, qualcosa di così positivo e altamente culturale?

    E in ciò è probabile che risiedesse il vero peccato originale: la parola democrazia doveva restare una semplice espressione linguistica.

    Aggiungasi che la riforma, se puntualmente attuata, avrebbe segnato, almeno in parte, anche la fine delle camarille varie (ne sa qualcosa la magistratura) e aperto la strada all'auspicata, soltanto dall'UNAMS, uscita del settore dal deleterio attuale sistema contrattuale per passare al sistema pubblicistico, proprio delle università.

    Tutti questi nodi, volutamente più che “intorcinati”, vennero ben presto al pettine; e dopo un inizio tranquillo e produttivo presso il ministero dell'Università, accompagnati in ciò dal dott. Di Lisio, con l'avvento del ministro Moratti lo scenario cambiò del tutto. Il poco qualificante piano distruttivo iniziò a concretizzarsi attraverso l'emissione, tutt'altro che puntuale, di alcuni regolamenti attuativi della legge 508 e attraverso una progressiva destabilizzazione del settore. Infatti, è risaputo che una delle tecniche raffinate per far implodere un sistema consiste nel rendere le regole che lo sorreggono il più possibile aleatorie e precarie; magari tollerando o giustificando, ad esempio, determinati eccessi appigliandosi alla parola “autonomia” (un po' come è già avvenuto quando, per favorire le compagnie dell'aereonautica civile, in crisi finanziaria, ci si è inventati la cosiddetta “deregulation”, che poi tanti incidenti mortali avrebbe provocato). E a ben poco sono valsi anche gli interventi continui di Parlamento, TAR e Consiglio di Stato, volti a continuamente raddrizzare le cose. In parole povere la Legge 508 andava seppellita e per farlo occorreva:

    1. abolire il concetto di ruolo per il personale attualmente in servizio(leggi declaratorie);
    2. evitare consistenti aumenti stipendiali che avrebbero reso popolare la riforma (vedi rifiuto degli aumenti reperiti dall'UNAMS, attraverso la cosiddetta “pornotassa” poi utilizzata da altri settori dell'Amministrazione statale, meno schizzinosi e più scaltri);
    3. prevedere la frantumazione dei corsi fondamentali (che andavano comunque rivisti e moderatamente allargati, come da specifiche esigenze), in trecentomila corsi e corsetti utili a sistemare soprattutto parenti, amici e... tesserati, ma pochissimo utili agli studenti, spesso impossibilitati a formare dei praticabili piani di studi, e primariamente soprattutto a dedicarsi allo studio intensissimo, negli ultimi anni, della materia caratterizzante;
    4. mantenere precari a vita i restanti docenti. (Infatti, solo in questo modo sarebbe stato possibile continuare, attraverso giochetti vari, a gestire a piacimento le cattedre e le persone);
    5. bloccare, sempre continuando nell'ottica dei giochetti di cui sopra, la mobilità per inventarsi la “sublime” formula dei “congelamenti”;
    6. prevedere trienni e poi bienni sperimentali a vita (la fantasia nel definire valido un qualcosa sperimentale, non mancò, a cominciare dai pronunciamenti dell'On. Dalla Chiesa, che con questo argomento riuscì a “sedare” la legittima occupazione dei Conservatori da parte degli studenti). Solo nel 2009, e dopo un cumulo di proteste, almeno il triennio sarà posto in ordinamento. Pertanto senza la pronuncia del 14 Dicembre scorso in Senato il biennio, sperimentale, lo sarebbe rimasto sino all'anno di grazia 3000. Chissà forse era stato promesso, quale particolare cadeau, a qualcuno;
    7. 7) e, soprattutto, non procedere mai alla famosa equipollenza dei titoli che, previste nella Legge 508, dal lontano'99, dovevano restare inattuate. Infatti, qualora fosse stato emesso il famoso DPCM, il settore AFAM, da subito, sarebbe stato qualificato ai massimi livelli della formazione, e avrebbe reso anche spendibile, per gli studenti, la lauree rilasciate da Accademie e Conservatori. E poi chi le sentiva le Facoltà universitarie?

    Infine la Riforma, attraverso marchingegni vari, doveva essere tanto stravolta e tradita da provocare un rifiuto da parte del personale di Accademie e Conservatori che, spesso poco riflettendo, e in ciò aiutati da chi stava creando il danno, cadevano nella pania di credere che i mali fossero insiti nella Riforma, e non già nella sua poco attenta, se non perversa, non attuazione.

    Il 14 dicembre u.s. il Senato poneva fine, con un esemplare emendamento inserito nella legge di stabilità, a quanto, senza bienni in ordinamento e senza spendibilità del titolo, avrebbe costituito una sicura morte, per consunzione, delle nostre gloriose Accademie e dei Conservatori di musica.

    Con ciò le Istituzioni hanno raggiunto il più alto dei traguardi e solo chi è in perenne malafede o convive con altri interessi può dire il contrario!

    Grazie, dunque, a tutti coloro che hanno sostenuto la grande battaglia UNAMS, grazie al Senato e in particolare al Sen. Vita, grazie agli studenti e, se permettete, grazie anche alla mia polmonite che costringendomi a letto ha reso possibile che restassi al “chiodo” minuto per minuto. E soprattutto, per chi crede nell'esistenza del “divino”... grazie alla Provvidenza!

    Fine prima parte
    Nella seconda parte “cronistoria dell'emendamento 14 dicembre 2012“